«Il vaccino Pfizer efficace
anche con la variante inglese»

Covid, l’immunologo Abrignani: «Produce varietà di anticorpi». «Prima si parte, prima siamo sicuri di mettere all’angolo il virus»

A pochi giorni dal Natale, il regalo più atteso. Con il via libera dell’Ema al vaccino Pfizer-Biontech – efficacia dichiarata pari al 95% - l’Europa può iniziare le vaccinazioni contro il Covid-19. E neanche la variante inglese del virus, quella che ha portato a isolare i sudditi di sua maestà dal resto del mondo, sembra poter rovinare la festa.

A detta degli esperti, almeno: «No, non la rovina – assicura Sergio Abrignani, immunologo –. Da quel che sappiamo fino ad ora, i vaccini attualmente in produzione inducono la formazione di anticorpi in grado di neutralizzare anche la variante inglese». Abrignani, una vita trascorsa a studiare il virus dell’Epatite C, è ordinario di Patologia generale all’Università degli studi di Milano e direttore scientifico dell’Istituto nazionale genetica molecolare «Romeo ed Enrica Invernizzi».

Partiamo dal dato positivo: l’Ema ha concesso il via libera al vaccino Pfizer-Biontech, con un’autorizzazione condizionata. Cos’è?

«É un’autorizzazione che si concede in situazioni emergenziali: si raccolgono tutti i dati sulla sicurezza e sull’efficacia, e – se sono soddisfacenti, soprattutto considerando il rapporto rischi- benefici – si rimanda ai mesi successivi la raccolta di ulteriori informazioni. Quando si hanno tutti i dati completi si rilascia l’approvazione definitiva».

Si accorciano i tempi, dunque, ma non si rischia di tralasciare qualche dato cruciale?

«No, sgombriamo il campo da qualsiasi equivoco. Le garanzie più preziose – il vaccino previene la malattia, ed è sicuro – le abbiamo, anche con l’autorizzazione condizionata. Mancano informazioni aggiuntive. Ad esempio non sappiamo ancora, a differenza di quanto succede in condizioni non emergenziali, se servirà fare un richiamo e fra quanto».

In questa prima fase chi non potrà vaccinarsi?

«Il vaccino non è somministrabile, per ora, alle donne incinte, semplicemente perché non si ha ancora avuto il tempo di studiarne gli effetti sul feto. Così come non si sono conclusi gli studi sull’età pediatrica, e quindi non si vaccineranno i bambini sotto i 16 anni. Ribadisco: per ora».

Si è molto parlato di reazioni allergiche in qualche paziente già sottoposto a vaccinazione. C’è da mantenere alta l’allerta?

«Sono eventi molto molto rari, peraltro riscontrati su pazienti allergici già di loro, e che non inficiano minimamente sulla valutazione del tutto favorevole del rapporto rischi-benefici».

Passiamo alla variante inglese del virus. Cosa sappiamo con certezza?

«Sappiamo che è composta da una serie di mutazioni, e che è diventata predominante in alcune zone dell’Inghilterra. Si stima abbia una maggiore capacità di infettare, ma appunto è solo una stima – non è ancora stata dimostrata sperimentalmente – senza però riuscire a indurre malattie più gravi o a causare più vittime».

E non aggirerà la protezione garantita dai vaccini attualmente in produzione?

«Crediamo di no. I vaccini in questione producono una varietà molto ampia di anticorpi con capacità neutralizzante, in grado di bloccare anche la variante inglese del virus. Però una cosa è certa: prima si inizia a vaccinare, prima siamo sicuri di mettere il virus e tutte le sue mutazioni all’angolo.

Ma non si diceva che Sars-CoV-2 è un virus piuttosto stabile?

«E difatti lo è. Muta, come tutti i virus, ma lo fa molto meno e molto più lentamente di altri. L’unico modo di proteggersi dalla mutazioni, in ogni caso, rimane il vaccino.

Vaccino che altri Stati hanno già iniziato a inoculare, e difatti qualcuno ha fatto notare i tempi dilatati dell’Ema.

«Dilatati? Ma non scherziamo. In Europa stiamo per iniziare a vaccinarci con un farmaco che ha un’efficacia del 95%, reso disponibile dieci mesi dopo aver sequenziato il virus. Un risultato straordinario, che deve renderci fieri. E che ci deve far festeggiare. Ah, c’è un’altra cosa che dobbiamo fare».

Quale?

«Vaccinarci. É un’espressione di libertà, ma soprattutto un atto di responsabilità collettiva. Adesso tocca a noi».

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