L’incontro tra nonno e nipote
In una foto il senso della vita

Como: la commovente immagine dell’abbraccio ideale tra generazioni

La foto che vedete pubblicata sopra ritrae un nonno e un nipote che si incontrano - naturalmente a debita distanza, come impone il buon senso di quest’epoca buia - in un corridoio d’ospedale.

L’ha scattata il dottor Fiorenzo Giacci, qui nella triplice veste di fotografo, di genitore e di figlio, perché l’anziano signore sulla sedia a rotelle è suo padre, che si chiama Alboino ed ha 98 anni, mentre il ragazzo che gli sta di fronte è Luca, suo figlio, che di anni ne ha 25 e che da sempre è legatissimo al nonno.

«Papà è caduto in casa il giorno di Santo Stefano - racconta Giacci, che è medico del reparto di Chirurgia dell’ospedale Valduce -. È scivolato dopo essersi alzato per aprire il frigorifero, e si è rotto il femore. È stato ricoverato a San Fermo e operato dopo pochi giorni dai miei colleghi ortopedici del Sant’Anna che hanno fatto un gran lavoro trattandolo come fosse un po’ il papà di tutti, e disponendo che dopo l’intervento fosse trasferito, per la riabilitazione, all’ospedale di Mariano Comense, dove dovrà restare qualche settimana ancora prima di potersi dire del tutto guarito. Naturalmente noi abbiamo subito chiesto il permesso per poterlo andare a trovare, permesso che ci è stato concesso con l’obbligo, scontato e doveroso, di adottare tutte le misure di sicurezza del caso, a partire dall’utilizzo di mascherine Ffp2 e dal rispetto del distanziamento».

La foto - come capita spesso con le immagini destinate a restare - è un po’ casuale, il tipico scatto che immortala un istante tra i milioni che ci scorrono sotto gli occhi ogni giorno, senza che nessuno ci faccia troppo caso.

Eppure, rivista a qualche ora di distanza, essa rivela una forza particolare, che dice moltissimo non solo dello splendido legame tra Luca e suo nonno: «La trovo molto commovente - conferma il dottor Giacci -, oltre che rappresentativa del tempo che tutti stiamo vivendo. Certo, sono mio padre e mio figlio, ma davvero: continuare a volersi bene, restare vicino ai nostri “vecchi” è un bel segnale di speranza, specie in un momento come questo».

Fiorenzo Giacci ha ragione su tutta la linea. Ma in questa immagine, e nella distanza che separa nonno e nipote - settant’anni o due passi, due metri o venti piastrelle - c’è anche molto di più. Ci siamo tutti noi che ci accovacciamo a braccia aperte invitando i nostri figli e i nostri nipoti a muovere i primi passi da soli per correrci incontro e serrarci in un abbraccio che ha un nome: è quella cosa a cui aspiriamo un po’ tutti, quella cosa che tutti - credenti e miscredenti - andiamo cercando negli angoli della vita senza accorgerci che è con noi ogni giorno, negli occhi, nei lineamenti di chi ci ha preceduto o seguito, nella memoria di chi verrà dopo.

Ha tanti nomi. Forse il più giusto è eternità.
S. Fer.

© RIPRODUZIONE RISERVATA