Picco Covid nelle zone di confine
«La colpa è della Svizzera»

Le zone vicino alla frontiera registrano i numeri più alti: «In Ticino pochi controlli sui frontalieri». l sindacati: «Chiudere i cantieri»

L’ultimo grido d’allarme - forte nei contenuti - l’ha lanciato Dario Cadenazzi, responsabile del settore Edilizia del sindacato Unia, un settore in cui i frontalieri comaschi sono 3mila sui 7737 censiti al 30 settembre.

«La situazione dei cantieri edili ticinesi è desolante. E lo diciamo a fronte di un’indagine su 132 cantieri durata una settimana», ha spiegato, chiedendo un lockdown per l’edilizia, dove le mascherine protettive sono spesso illustri sconosciute, dove l’85,71% degli intervistati ha affermato che «nelle baracche da cantiere non vengono organizzati turni, se non c’è abbastanza posto» e dove il 77,27% ha confermato che dopo il lockdown primaverile «non è stato introdotto alcun tracciamento».

Il Cantone con più casi

Il virus continua a correre veloce lungo la linea di confine, con le province di Como e Varese stabilmente ai primi posti in Lombardia per incremento di contagi e con il Ticino che da lunedì è tornato ad essere il Cantone con l’incidenza più alta di casi, all’interno della Confederazione, rispetto al numero di abitanti.

Ieri l’Ufficio del medico cantonale ha annunciato altri 261 casi, con 8 nuovi decessi, che portano così il totale dei decessi da inizio pandemia a quota 560. «Le province di Como e Varese risultato quelle con il più alto numero di contagi a livello lombardo e non solo lombardo - sottolinea Andrea Puglia, responsabile frontalieri del sindacato Ocst - È chiaro che la vicinanza con il Ticino e la Svizzera ha un ruolo chiave in queste dinamiche. I frontalieri che si recano per lavoro oltreconfine entrano in un Paese dove le restrizioni sono molto più leggere rispetto a quelle italiane. Un esempio su tutti: in Ticino, ristoranti e bar sono aperti. Il frontaliere non solo si imbatte in un sistema meno protetto, ma molto spesso si approfitta anche del fatto che le regole sono meno severe proprio per andare al ristorante o al bar».

Pressioni

Ma Puglia sottolinea anche un altro fatto, della massima gravità: «Diversi frontalieri - positivi al Covid-19 - si sono rivolti a noi denunciando pressioni dei datori di lavoro per rientrare prima del tempo, nonostante in Italia non avessero ancora il tampone negativo. In Svizzera non è così».

Enzo Fantinato, responsabile Ufficio Rapporti Ufficio Internazionalizzazione e Rapporti con la Confederazione di Cna del Lario e della Brianza, affronta l’argomento con estremo pragmatismo: «È chiaro che Italia e Svizzera hanno scelto regole d’ingaggio diverse. Non credo però che i luoghi di lavoro rappresentino la principale fonte di contagio. La Svizzera ha puntato molto sulla responsabilità individuale più che sulle restrizioni. In Ticino le regole sono poche, ma se non si rispettano, le sanzioni arrivano puntuali. Certo, 70 mila frontalieri hanno un loro peso importante nelle dinamiche di confine. Si sono registrati casi anche tra i frontalieri, ma non credo che abbiano avuto un ruolo così preponderante nel picco di contagi nelle province di confine. È bene che l’attenzione resti alta, anche se vedo che ora è lo sci a monopolizzare l’attenzione nel dialogo tra i due Paesi».

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