Spunta un decreto di 24 anni fa
«Vogliono toglierci i lavarelli»

Tremezzina: la norma (mai applicata) vieta di immettere nel lago non autoctone. La protesta dei pescatori: «Assurdo applicarla qui»

C’è una Decreto legge dello Stato, vecchio di 24 anni, che rischia di rappresentare una seria minaccia per i ripopolamenti e dunque per la sopravvivenza di tre specie, tra cui una citazione d’obbligo va al coregone lavarello.

Questa legge è stata rispolverata negli ultimi mesi in quanto uno dei concetti chiave che contiene - ovvero il divieto di immissione di specie alloctone (cioè non originarie delle acque del Lario) - è stato esteso a tutto il territorio nazionale, dopo che per anni si era pensato che potesse valere solo per le aree protette istituite proprio da quella legge.

Un problema di rilievo dunque, cui si è cercato in modo timido di porre rimedio modificando in parte la legge, correggendo il tiro circa il fatto che il ministro dell’Ambiente può rilasciare deroghe al divieto di immissione, su richiesta delle Regioni. Dunque per continuare a ripopolare il lavarello, ma anche la trota fario e la trota iridea, a Regione basterebbe (sulla carta) chiedere una deroga al ministero dell’Ambiente. Tutto a posto, dunque? No, perché - secondo quanto si è appreso - le procedure per la deroga sono complicatissime e - stando agli addetti ai lavori - non distinguono tra le specie già presenti nelle nostre acque come il lavarello o la trota e l’introduzione di nuove specie.

Dice Luigi Guglielmetti, rieletto sabato alla presidenza di Aps Como Fipsas per i prossimi quattro anni. «Aps Como in rappresentanza dei suoi 5574 associati (dato al 31 dicembre) si è immediatamente opposta all’applicazione di questo Decreto che vieta l’introduzione di specie autoctone nelle acque nazionali. Sui contenuti generali di questo Decreto non abbiamo nulla da eccepire, salvo che non venga applicato su coregone lavarello, trota fario e trota iridea - osserva Guglielmetti -. Vogliamo continuare a ripopolare le nostre acque con questi pesci, come del resto facciamo da oltre un secolo, consapevoli che ciò non ha arrecato alcun danno alle nostre acque, ma semmai solo benefici compresi quelli di natura sociale ed economica. Sappiamo che la nostra Federazione sta mobilitando tutta la sua base nazionale composta da 200 mila associati e 3 mila società affiliate. Crediamo che quanto prima anche pescatori di professione, piscicoltori e attività commerciali e turistiche legate al mondo della pesca dovranno prestare la massima attenzione riguardo a questo problema». (Marco Palumbo)

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