Suore del Valduce, quattro vittime
«Prego per tanti affetti spezzati»

Le religiose hanno lottato in prima linea contro il coronavirus, non senza tristi e dolorose perdite.

Abbiamo imparato a chiamare eroi i medici e gli infermieri bardati con le tute e le maschere bianche nei reparti di terapia intensiva. Ad aggrapparci alla scienza, alla medicina. Un grazie lo meritano anche le suore infermiere dell’Addolorata, la congregazione che presta servizio dentro l’ospedale di via Dante e ne regge le sorti.

Lutti al Valduce

Il maledetto virus si è portato via suor Matilde Marangoni, suor Egidia Gusmeroli, suor Antonietta Sironi e suor Crocifissa Bordin. Due sono certamente vittime del contagio, le altre forse anche della fatica, del dispiacere. Le ventidue consorelle rimaste a Como si sono per il momento ritirate.

Infatti sei suore infermiere sono in quarantena, sono ammalate, due di loro si trovano in terapia intensiva e stanno di nuovo combattendo con forza per tornare in piedi.

«La nostra vita, la nostra fede, è un dono che facciamo agli altri, ai più poveri e ai più sofferenti in particolare – racconta suor Emanuela Bianchini, la reverenda Madre della congregazione – abbiamo vissuto il nostro impegno lavorando per il prossimo. E come il virus è entrato nell’esistenza degli uomini e delle donne che abitano il mondo così è entrato anche nella nostra comunità. È doloroso.Ma voglio pensare che quando tutto sarà finito non potremo più essere quelli di prima. Voglio sperare che questa malattia e il sacrificio dei tanti abbia lasciato un segno profondo capace di rivelare la generosità, l’umanità, l’attenzione verso chi ci è vicino ed anche verso chi ci è distante». Ci sono ancora tre suore infermiere in perfetta forma che indossano il camice e sono operative nel presidio di Villa Beretta. Uno dei primi insegnamenti per chi sostiene i malati, del resto, è quello di non abbattersi. Il pensiero delle infermiere corre alla fondatrice dell’istituto Giovannina Franchi, proclamata beata dal Papa nel 2004, che ha donato la sua esistenza lottando contro il vaiolo. «L’esperienza più tremenda e impietosa è il lutto in estrema solitudine – racconta ancora suor Emanuela con la voce rotta dalla commozione – vorrei dimostrare tutta la mia vicinanza e un grande affetto verso tutti coloro che hanno provato questa grave fatica. Non potere accompagnare le consorelle al cimitero, non avere nemmeno la presenza di un prete accanto per una benedizione durante la sepoltura, per l’ultimo saluto, è tragico».

E ancora: «Capisco le norme, ma dentro all’animo di chi ama tutto questo lascia una ferita profonda, assicuro. Io stessa ho visto il cancello del cimitero chiuso dal lucchetto, quando è impossibile oltre seguire la bara. Manca l’abbraccio, una parola di conforto, una preghiera. Non ho potuto stringere loro la mano». Per suor Emanuela, come per tanti familiari, anche lo strazio del ritiro degli effetti personali».

«Dopo il lutto - racconta ancora la superiora - sono andata di persona in ospedale a ritirare i pochi oggetti lasciati dalle nostre suore salite in cielo. È un altro momento triste. Così tanto che ho pensato di donare un piccolo messaggio a tutti i parenti che saranno costretti a fare la stessa complicata trafila. La preghiera sembrerà ad alcuni poca cosa. Ma è il nostro segno. È la dimostrazione che anche se questo virus ci isola e ci rende soli noi continuiamo ad essere presenti e a combattere».

Il pensiero ai medici

Un lungo pensiero nelle preghiere le suore lo dedicano ai sanitari, ai medici e agli infermieri come agli assistenti, agli addetti alle pulizie, agli impiegati amministrativi, a tutti coloro che fanno funzionare ogni giorno l’ospedale nonostante la drammaticità dell’epidemia. «E insieme a loro vorrei ringraziare tutte le persone di buona volontà – dice suor Eleonora – i comaschi hanno espresso una davvero immensa vicinanza, con un cuore colmo d’amore, anche attraverso gesti semplici. Grandi donazioni, aiuti, con privati e associazioni, ma anche regali quotidiani, ricevuti da famiglie comuni. La cortesia di una colomba a Pasqua. Il riguardo di una pizza fatta recapitare la sera ai medici del pronto soccorso. La torta preparata in cucina non potendo dire altrimenti grazie».

Sconfiggeremo questo male con le terapie, con i test e con il vaccino. Ma lo supereremo anche imparando ad essere davvero generosi ed altruisti.

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