Ticino, chiudono due aziende
A rischio oltre 200 frontalieri

L’onda lunga della pandemia si abbatte sull’economia svizzera. Si fermano unità produttive del settore automotive e biomedico

L’onda lunga della pandemia da Covid-19 si abbatte sul tessuto produttivo ticinese, arrivando a toccare il fiorente distretto di Bioggio (Comune del Luganese), con inevitabili e importanti ripercussioni anche sui nostri lavoratori frontalieri.

È di mercoledì pomeriggio, la notizia che la “Te Connectivity” - multinazionale impegnata nel ramo automobilistico - ha intenzione di chiudere l’unità produttiva di Bioggio, che dà lavoro a 106 addetti, tra cui - per dirla con il sindacato Ocst - «figura una percentuale rilevante di lavoratori frontalieri».

La nota dell’azienda

«Un fulmine a ciel sereno - conferma Marco Cirronis, sindacalista di Ocst -. E purtroppo non è un caso isolato. Non si tratta di arrivare ad una riduzione del personale, ma di una dismissione integrale dell’unità produttiva. Abbiamo subito chiesto al management dell’azienda (la sede centrale è a Sciaffusa, ndr) un confronto. In questi giorni entreremo nel dettaglio della vicenda. È chiaro che si tratta di un contraccolpo importante per questo distretto produttivo, che andrà a toccare l’occupazione di 106 tra residenti e frontalieri. Al momento, è difficile parlare di numeri. È evidente che i frontalieri rappresentano una percentuale rilevante tra gli occupati».

L’azienda, in una nota diffusa mercoledì pomeriggio, ha parlato di chiusura legata alla debolezza del mercato automobilistico, affermando di «essere consapevole delle ripercussioni che questa riorganizzazione potrà avere sul personale e sulle comunità locali». I vertici aziendali hanno anche precisato che «la riorganizzazione non è data dalle performance del personale, ma si basa sulle attuali circostanze economiche, sulla generale instabilità del mercato e sul drastico cambiamento dell’industria, causato anche da un nuovo comportamento nel consumatore». Questa - fanno sapere da Ocst - è la seconda grave crisi aziendale nel distretto di Bioggio negli ultimi quarantacinque giorni. «Oggi (ieri, ndr) siamo qui davanti ai cancelli “KerrHawe” di Bioggio, operativa nei prodotti per il settore dentale, che si trova nella medesima situazione della “Te Connectivity” - sottolinea ancora Marco Cirronis -. Anche qui gli addetti sono poco più di un centinaio e, rispetto all’altra unità produttiva, la percentuale di frontalieri è superiore. Neppure qui si parla di riduzione di personale, ma di dismissione con trasferimento della produzione in altri Paesi. Siamo qui per incontrare i lavoratori e nel contempo abbiamo preso contatti con i vertici aziendali. È evidente che due annunci relative a chiusure totali in un mese e mezzo rappresentano un importante e preoccupante campanello d’allarme».

La voce della politica

Il gran consigliere leghista Stefano Tonini - citando l’ufficio cantonale di Statistica - ha quantificato in 5 mila i posti di lavoro persi in Ticino da inizio pandemia. Per questo ha chiesto, in un’interrogazione depositata a Palazzo delle Orsoline, «quali iniziative il Governo cantonale intende intraprendere per difendere la manodopera locale». Ma è chiaro che il tema occupazione, in Ticino, riguarda e in talune circostanze soprattutto i frontalieri.

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