A destra problemi di facce non di voti

Il paradosso del centrodestra comasco in queste elezioni è che ha perso, ma anche vinto. La coalizione è stata sconfitta in maniera rovinosa al primo turno senza riuscire neppure ad approdare al ballottaggio come era sempre successo dal 1994 in poi, cioè da quando + stata introdotta l’elezione diretta del sindaco. Ma i voti di Lega, FdI e Forza Italia si sono poi rivelati determinanti per il sorpasso di Alessandro Rapinese ai danni di Barbara Minghetti, con il conseguente successo del candidato civico.

Questo dovrebbe essere il dato da cui partire per avviare una riflessione del centrodestra, uscito a pezzi un po’ dappertutto in questa tornata elettorale. Eppure l’alleanza dovrebbe essere maggioranza in Italia e soprattutto a Como, che fino a non molto tempo fa era indicato come “Il Mugello” del fronte moderato. E allora dov’è il problema? Forse si trova nel personale politico, a livello nazionale come locale. Giordano Molteni, indicato dai tre partiti, ma scelto da quello meloniano, è un altro paradosso. Con ogni probabilità sarebbe stato forse il miglior sindaco, alla luce dell’esperienza da primo cittadino maturata a Lipomo. Ma non aveva la personalità adatta per aggregare consenso e si è rivelato il più debole fra i tre principali contendenti. E forse non ha convinto, prima ancora degli elettori, anche qualche alleato.

Il problema del centrodestra comasco, insomma, non è quello dei consensi, ma delle “facce”, della capacità di selezionare classe dirigente autorevole. Le alternative a Giordano Molteni non sembravano certamente personaggi in grado di “bucare” lo schermo.

Certo non ha aiutato “paracadutare” nei collegi per il Parlamento, forse non più sicuri come in passato, personaggi estranei al territorio che, oltretutto, non hanno più dato segno di sé dopo la campagna elettorale. Alle comunali, cinque anni fa, la disponibilità di Mario Landriscina ad accettare di correre per la carica di sindaco sembrava un terno al lotto. Invece il primo cittadino uscente si è rivelato un boomerang per le forze politiche che lo hanno sostenuto. La sua malandata eredità e il gelo sceso alla fine con alcuni alleati sono stati uno dei fattori che hanno messo il piombo nelle ali di Molteni. Poi, certo, c’è stato un errore di strategia politica che chiama in causa anche la capacità di elaborazione dei vertici locali di alcuni partiti. A Como il centrodestra è riuscito a perdere in maniera pesante anche se si è presentato unito, almeno in apparenza come si è visto subito dopo il ko, quando sono decollati gli stracci in particolare a FdI e Lega.

Si dice che da parte di qualche vertice dei partiti di centrodestra sia arrivata l’indicazione agli elettori di preferire Rapinese a Minghetti non tanto e non solo per evitare che il centrosinistra si prendesse palazzo Cernezzi, bensì per coltivare l’illusione di una breve durata del mandato del neo sindaco a causa del suo carattere spigoloso. Ma non è stata una strategia univoca, anzi. Si dice che qualche voto “pesante” dei moderati sia arrivato a Lady Barbara anche se non le è servito.

Il centrodestra comasco, anche in vista delle elezioni politiche del prossimo anno in cui probabilmente la competizione sarà solo con il centrosinistra, deve tentare di rimettere assieme parecchi cocci. E magari cominciare fin da subito a ragionare sul senso dell’alleanza e sulla selezione di candidature presentabili, credibili e autorevoli. Perché il messaggio che, in queste comunali, gli elettori hanno lanciato alle forze politiche non solo moderate è che il loro voto non è più scontato.

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