
Non ce la fa. L’impressione è che Silvio Berlusconi non si rassegni all’idea di un governo di centrodestra che non sia guidato da lui, o peggio ancora da un’esponente di un altro partito per giunta donna. Certo, da qui a far nascere crisi internazionali ce ne corre. Fatto sta che il leader di Forza Italia, la più debole fra le tre stampelle della maggioranza, dal giorno del discorso di insediamento di Giorgia Meloni in Senato, anzi, anche prima, non è riuscito a contenersi. Prima il mancato voto a favore di Ignazio La Russa presidente di palazzo Madama, poi gli appunti “rubati” (?) con giudizi poco lusinghieri sul presidente del Consiglio. E la rincorsa era partita da lontano con la contrarietà alla mancata nomina ministeriale di Licia Ronzulli, fedelissima del Cav. Da lì è stato un crescendo quasi rossiniano di Berlusconi.
I dubbi sulla mancata conferma del taglio delle accise sulla benzina, i distinguo sulla giustizia (tema rovente dentro il centrodestra) per il caso Cospito e non solo, ora le perplessità sullo stop al superbonus edilizio. Ma la più grossa di Berlusconi resta quella delle dichiarazioni rilasciate al seggio per il voto delle regionali in Lombardia, quando l’ex presidente del Consiglio aveva detto che se fosse stato ancora tale non avrebbe mai incontrato il “signor Zelensky” e fornito una sua lettura della guerra piuttosto benevola nei confronti di Putin, con l’auspicio di una pace veloce.
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