Cinque anni di nulla
E a pagare è la città

“Un taxi vuoto si è fermato davanti al n. 10 di Downing Street, e ne è sceso Attlee”. Questa celebre frase di Winston Churchill può essere adattata alla situazione comasca, basta sostituire Downing Street con Palazzo Cernezzi e Attlee (all’epoca primo ministro britannico) con Landriscina (sindaco uscente della città).

L’altra sera con l’approvazione del bilancio ha preso congedo la peggior amministrazione comunale forse di tutta la storia repubblicana della città. E tanto per cambiare la seduta era cominciata con la maggioranza non in grado di garantire il numero legale. Un finale coerente con l’andazzo di cinque anni passati davvero invano, senza un guizzo, un lampo, una trovata vincente per Como.

Emblema di questa desolazione non può che essere il primo cittadino. Entrato a Palazzo con una reputazione granitica per la sua attività professionale in ambito sanitario ne esce impalpabile e isolato perfino da buona parte di coloro che l’avevano scelto e sostenuto. Che delusione. Della sua capacità ed efficacia amministrativa cosa è stato percepito dai cittadini? Ditecelo voi, cari lettori, perché di fronte a questa domanda si può solo opporre un foglio bianco. Nessuna grande opera è stata avviata, quelle piccole sono state mandate avanti con una disarmante afasia. Il grande progetto del Municipio trasferito nell’ex Ticosa è subito abortito. E per fortuna, perché se questa dev’essere la priorità di Como c’è da farsi cadere le braccia. Almeno l’avessero fatta o avviata, comunque, almeno ci sarebbe qualcosa di sbattere in faccia ai criticoni. Se Como è cambiata in questi cinque anni tormentati anche dalla pandemia del Covid, non è certo per l’azione dell’amministrazione comunale.

Di solito a quasi tutti i sindaci si concede la chance del secondo mandato (un’altra eccezione è stata quella di Mario Lucini che però è rimasto impigliato nel cantiere delle paratie). L’idea di proporlo al primo cittadino uscente è stata forse accarezzata nello spazio di un mattino. Dall’uomo che ha fatto decollare e non solo in senso metaforico il servizio di urgenza ed emergenza della sanità comasca, ci si attendeva almeno quel piglio decisionista: non se ne trova traccia. Anzi, fin da pochi mesi dopo l’insediamento, Mario Landriscina è apparso un amletico prigioniero del Palazzo che si baloccava con il teschio delle dimissioni che neppure ha avuto la forza di presentare.

Tempo fa, a commento dell’attività del Comune, l’autore di questo pezzo ne scrisse uno, riferito alla nuova viabilità in piazza San Rocco intitolato: “Una rotonda sul nulla”. E lì siamo rimasi, a quella piccola opera che consente finalmente a chi proviene da via Grandi di non dover percorrere tutta la Napoleona per tornare in convalle. Intervento meritorio, ma un po’ poco per un mandato amministrativo. Certo, è stato fatto partire il progetto dei giardini a lago e sono stati scelti gli arredi per il nuovo lungolago quando il cantiere delle paratie leverà il disturbo. Ma sono cose che prenderanno forma in un futuro non prossimo. Ci sarà poi anche dell’altro, di certo la vergognosa gestione dei senzatetto di San Francesco, lasciati lì come un cartellone di propaganda politica, ma è mancata del tutto un’idea di città di ciò questa amministrazione voleva diventasse Como nel futuro. E nel frattempo la vivibilità non è migliorata. Sarà chi prenderà il posto di coloro che hanno appena chiuso le valigie a dover pelare una gatta molto selvatica. Auguri.

Non che la maggioranza che lo ha appoggiato sia stata meglio del sindaco. E non solo per il trattamento vergognoso riservato negli ultimi mesi al primo cittadino, scaricato senza troppi complimenti. Una coalizione litigiosa, divisa e con il pensiero fisso e unico su poltrone e poltroncine. Quante volte è cambiata la giunta? Non c’è neanche da stare a perdere tempo per riferire degli assessori sostituiti o di chi ha avuto una crisi di coscienza che lo ha portato a cambiare partito per mantenere il cadreghino. Insomma un quinquienno agghiacciante. Che Como e i suoi cittadini non meritavano, nonostante il loro voto di cinque anni fa.

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