Il luogo comune
non disarma l’America

Trecento milioni di assassini, di invasati, di guerrafondai, di pistolero, di sceriffi, di killer. Oppure, che è anche peggio, trecento milioni di anime pure, candide e virginali oppresse, plagiate, vessate e indottrinate dalla potentissima lobby delle armi, che tutto decide, tutto impone, tutto comanda. E questo è quanto.

Quando avvengono - e purtroppo avvengono con agghiacciante regolarità - stragi come quella della scuola nel Texas, ci sono due modi di affrontarle: cercare di capire perché accadono e quali sono le loro motivazioni profonde oppure risolvere tutto in quattro e quattr’otto affidandosi ai più vieti luoghi comuni. E il luogo comune più vieto è proprio quello a cui si accennava prima: gli americani sono tutti potenziali assassini oppure gli americani sono tutta bontà e dolcezza - forse - ma sono circuiti dalla Spectre del revolver.

Due stupidaggini, ovviamente. Innanzitutto perché, da che mondo è mondo, gli assassini e gli squilibrati si distribuiscono in modo omogeneo in qualsiasi meridiano e parallelo del globo terracqueo. Poi, perché i produttori di armi, una realtà di grandissimo e diffuso potere - in particolare negli Stati Uniti, che sono in effetti la nazione più armata del mondo, e ora cercheremo di capire il perché - non sono la causa del problema, ma la risposta a un’esigenza che nasce dalle viscere più profonde della società, della cultura, della storia americana. Questo può anche non piacerci - e a chi scrive questo pezzo non piace – ma noi abbiamo il dovere di confrontarci con la realtà effettuale, non con quella che noi vorremmo che fosse.

Le stragi nelle scuole sono una tragedia tutta loro, complicatissima, pazzesca, avvilente, ma se nessun presidente degli Stati Uniti, anche i democratici, anche i democratici più liberal, più di sinistra, è mai riuscito, anzi, non ha mai nemmeno tentato di porre delle vere limitazioni alla vendita delle armi è perché la cosa è semplicemente irrealizzabile. Provocherebbe la rivolta non tanto delle lobby, ma di decine di milioni di cittadini, la stragrande maggioranza pacifici e normalissimi. Ma armati fino ai denti.

Certo, a noi europei, e a noi italiani in particolare, questo modo di vivere, questo modo di essere, il poter comprare un mitragliatore al supermercato, risulta del tutto incomprensibile, così come risulta inconcepibile che la difesa delle persone non sia delegata in esclusiva ai corpi di polizia, come avviene da noi. Ma se lo pensiamo significa che non sappiamo nulla della nostra storia e non sappiamo nulla della storia degli Stati Uniti e del ruolo diametralmente opposto dello Stato in questo e in quel caso. Invasivo, occhiuto e totalizzante da una parte, leggero, limitatissimo e distante dall’altra. Proprio come a noi risulta del tutto assurdo e ingiusto il loro modello sanitario, vincolato alle assicurazioni private, a fronte della sanità libera e gratuita da noi. Ma qui non è questione di dire cosa sia giusto e cosa sbagliato. È solo questione di capire che sono frutti di due mondi diversi e opposti, per quanto entrambi occidentali.

Il secondo emendamento della Costituzione americana, quello che garantisce il diritto inviolabile di ogni individuo di difendere se stesso e la sua proprietà, nasce su espressa volontà dei padri fondatori come garanzia della libertà, per evitare che gli Stati Uniti degli albori potessero ricadere sotto una monarchia dalla quale si erano appena liberati. L’espansione a ovest - immortalata dall’industria culturale di Hollywood, ma anche vero e proprio modello economico individualista - attraverso una terra ostile, selvaggia, immensa, piena di animali feroci e di nativi (che sarebbero diventati vittime) è stata portata a termine dal singolo colono o da singoli gruppi di coloni che hanno dovuto fare tutto da soli, difendersi completamente da soli: le armi servivano semplicemente per sopravvivere. Ci sarà un motivo se fino agli anni Settanta gli Stati Uniti sono rimasti senza una legge sulle armi, e comunque con pochissime limitazioni, specialmente negli Stati più rurali. La loro storia è modellata sulla cultura delle armi personali e ci sono milioni di persone che non rinuncerebbero mai al principio della difesa individuale. Ma anche della difesa della nazione (dopo l’11 settembre c’è stato un boom ininterrotto di acquisti): chi mai potrebbe invadere uno Stato dove ci sono 400 milioni di armi e quasi tutti sanno usarle?

È vero, per noi è assurdo, ma non c’è nulla di peggio di applicare i propri schemi mentali a una realtà che è strutturata su schemi mentali completamente opposti. In fondo - amaro contrappasso - è lo stesso errore che proprio gli americani hanno fatto nelle guerre di inizio secolo, quando hanno pensato, magari credendoci veramente, di esportare la democrazia in Medio Oriente. Comico. Nulla è esportabile sulle punte delle baionette. Nulle è esportabile se l’importatore coatto non vuole e, soprattutto, non capisce cosa sia la democrazia, la libertà, il diritto individuale, la tolleranza, il rispetto delle minoranze. Pensare di imporre a un talebano la parità tra uomo e donna è lo stesso errore marchiano di pensare di convincere un americano a rinunciare al suo fucile. Un errore destinato al fallimento, come si è sempre verificato.

Che fare, quindi? Sarebbe senz’altro più efficace inaridire le fonti del mercato parallelo e illegale delle armi, al quale attingono di solito i killer degli studenti, verificare lo stato penale e di salute mentale degli acquirenti e chissà che altro. È un problema gigantesco, di difficilissima soluzione, che dovrebbe vedere impegnato il meglio della politica americana, al di là dei partiti e della demagogia. Di certo è impensabile andare avanti con il teatrino dei discorsi indignati e tartufeschi del politicante di turno e con le solite promesse di legacci alla lobby degli armaioli che non verranno mai stretti.

Il secondo emendamento è l’America. L’America è la Frontiera. Cerchiamo di non prenderci in giro.

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