Il problema sono loro
e noi che li votiamo

Si fa sempre un gran parlare di populismo. E il populismo di qua e il populismo di là e il pericolo del populismo e la vergogna del populismo e la diga contro il populismo e tutto il resto della montagna di banalità che il mondo dei media sforna croccanti da mane a sera. Ma è un argomento superato. E quindi inutile. Perché il populismo - o meglio, lo straccionismo, o meglio ancora, il cialtronismo - ha già vinto, visto che ha conquistato tutti gli schieramenti politici, nessuno escluso, da destra a sinistra, passando per il centro. Come direbbe oggi quello là, non possiamo non dirci populisti.

Le sapide polemiche sul blitz della giunta del Senato che ha cancellato il taglio ai vitalizi dei parlamentari è una delle notizie più spassose della recente storia politica nostrana e dà ampiamente la misura del penoso livello culturale, oltre che della ridicola preparazione giuridica, dei nostri deputati e senatori che, ovviamente, non avendo né spessore né visione né coraggio né competenze, costruiscono la loro ridicola carriera solo e soltanto sullo scimmiottamento e sul vellicamento della panza dell’ubriaco da bar, della casalinga di Voghera, del molesto in coda alle Poste. E quindi hanno subito eletto a loro argomento principe il cosiddetto taglio dei vitalizi, affrontato con il consueto rigore e buonsenso: e basta e vergogna e farabutti e maiali e casta e truffatori e lazzaroni e mangiapane a ufo con le loro baby pensioni e con i loro privilegi e con i loro interessi omertosi mentre il popolo ha fame, i bimbi piangono implorando “pane pane!”, la gente non ne può più, lo Stato dov’è, lo Stato cos’è, lo Stato non c’è, e tutto il resto di queste buffonate da comizio in fiaschetteria in ciabatte e canottiera.

E non ce n’è uno, ma dicasi uno, di questi scienziati, di questi intelligentoni, di questi cervelloni che abbia ricordato alla cosiddetta gente, al cosiddetto popolo che loro dicono di amare tanto e per difendere il quale si farebbero passare per le armi, che i vitalizi sono già stati aboliti otto anni fa e che qui si trattava invece di tagliare quelli pregressi, che erano stati maturati secondo quanto previsto dalle legge allora in vigore, bella o brutta che fosse. E che abbia ricordato sempre al popolo sacro e sovrano che quando si va a scrivere una legge retroattiva che tocca diritti acquisiti non basta un giro di bianchi sporchi al Bar della Pesa, perché ci si infila in un terreno minato all’interno del quale il provvedimento è facilmente contestabile ed emendabile. E tutto questo ginepraio per risparmiare una briciola di milioni che non risolvono neanche un milligrammo dei problemi e degli sprechi e delle inefficienze mostruose che devastano da decenni il paese dei balocchi e alle quali la politica dovrebbe invece dedicare le sue energie migliori. Alto che dare la caccia a peones novantenni o al povero Luigi Zanda, che quando - unico e solo - si è permesso di avanzare un’opinione contraria è stato attaccato su per i piedi al primo lampione fuori da Palazzo Madama.

Morale: la giunta ha bocciato il taglio, come era facile prevedere, e ora ai nostri statisti dell’intero arco costituzionale non è rimasto altro da fare che seguire la loro comica parte in commedia. Ululare alla luna ghermendo picche e bastoni e cappi contro la palude dello Stato profondo, il complotto dei poteri forti, l’arroganza della casta e della burocrazia, lo schiaffo agli italiani perbene e bla bla bla. E la cosa ancor più esilarante è che tutti questi, senza uno straccio di eccezione, continuano a sbraitare non solo contro i vitalizi, ma anche contro i megastipendi da quindicimila euro al mese dei parlamentari, proseguendo però a prenderli regolarmente - sulla riduzione volontaria della busta paga dei 5Stelle meglio stendere un velo pietoso - così come procedono regolarmente a disintegrare gli ultimi scampoli di credibilità del ruolo del politico di professione, ormai equiparato strutturalmente a quello dello scansafatiche, farabutto, mafioso e cocainomane. Non è così, forse? E se il livello medio dei politici della generazione 4.0 è equivalente a quello che si può riscontrare a una fermata del tram, poi non c’è da stupirsi se nel momento in cui la realtà gli presenta il conto - la pandemia da Coronavirus, tanto per fare un esempio - vedi i destini del mondo in mano a gente che non sa manco allacciarsi le stringhe delle scarpe e si nasconde piagnucolando sotto le sottane dei virologi (buoni pure quelli...). Immaginiamoci se questi qui avessero dovuto fronteggiare Hitler o Stalin. Altro che Alberto Sordi…

I vitalizi sono un privilegio di un vecchio mondo ormai scomparso? Un po’ sì, ma è un mondo ormai residuale, praticamente irrilevante. Gli stipendi degli onorevoli sono stroppo alti? Certamente sì, se il loro livello è questo. Non lo sarebbero affatto se fossero veramente in grado di esercitare come previsto la loro funzione. Se i parlamentari di governo e opposizione scrivessero in una legislatura la migliore delle riforme scolastiche possibili, dagli asili all’università, ispirandosi ai migliori modelli, coinvolgendo i migliori specialisti e varassero così la nuova riforma Gentile, destinata a mettere le basi rivoluzionarie dell’istruzione italiana dei prossimi trent’anni, quei soldi - ma anche il doppio! - sarebbero assolutamente meritati, perché contribuirebbero a trasformare l’Italia da paese sudamericano a eccellenza occidentale della cultura, della pedagogia e dell’innovazione.

Il problema non sono i soldi. Il problema sono loro. Il problema siamo noi. Che li votiamo e li scegliamo, questi qui. E li scegliamo pensando che il taglio dei vitalizi sia il simbolo di una preclara rivolta morale, mentre invece è la classica biada antifrastica che si rifila al popolo bue per farlo ruminare ed evacuare e rincitrullire inducendolo a dar retta a un cialtrone in maniche di camicia che gli racconta la storiella di quanto lui è uguale a loro. Ce lo meritiamo il populista collettivo.

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