Il vaccino che verrà
Uno show annunciato

Se non fossimo mani e piedi dentro una tragedia planetaria, ci sarebbe da ridere. La notizia - da una parte liberatoria e salvifica, dall’altra potenzialmente grottesca - dell’imminente arrivo del vaccino anti Covid fa immaginare, conoscendo i polli, una gestione all’italiana che sarà certamente contraddistinta, come tradizione, da competenza, misura e buonsenso.

Il commissario straordinario Arcuri ha già comunicato che da gennaio saranno disponibili in Italia tre milioni e mezzo di dosi e quindi, visto che bisognerà fare un richiamo dopo un mese dalla prima somministrazione, le persone che potranno essere protette dal virus dovrebbero essere all’incirca un milione e settecentomila. In primavera verrà invece organizzata una campagna vaccinale di massa, naturalmente volontaria, che coinvolgerà strati sempre più larghi della popolazione fino ad arrivare entro l’autunno ad avere una copertura del 70%. A quel punto il problema dovrebbe essere finalmente risolto.

E se tutto questo è vero - ma abbiamo forse qualche motivo per non fidarci? - un paese serio e responsabile come il nostro non potrà che condividere la scelta di mettere in prima fila tutti gli operatori sanitari e tutti gli ospiti delle case di riposo che, per motivi diversi, sono i più esposti al contagio. Subito dopo, quando arriveranno le dosi restanti, tutti i patologici e gli over settanta e via così, allargando sempre di più il cerchio alle fasce di italiani meno a rischio. Tutto bene, no?

Ora, se è vero che a pensar male si fa peccato, ma ci si azzecca quasi sempre e ripensando a come in passato la repubblica delle vongole ha affrontato le sue crisi di sistema, si possono azzardare, nell’ordine, alcune inquietanti dinamiche.

Guerriglia vietnamita da parte di una squadriglia di virologi ed epidemiologi che, ormai irrimediabilmente intossicati dal presenzialismo televisivo - ce ne sono alcuni che ormai parlano di sé in terza persona, come faceva Maradona ai tempi d’oro - hanno capito che una volta arrivato il vaccino verranno rispediti a pedate nel sedere nell’anonimato delle loro lastrine e dei loro microscopi e tenteranno quindi di boicottare tutto il boicottabile: è partito con largo anticipo il mitico Crisanti, che magari sarà anche un genio, ma che se gli togliessero la fiaschetta del cordiale quando fa una dichiarazione sui vaccini magari è meglio.

Improbabile efficienza dei famosi congelatori a meno settanta gradi per la conservazione delle fiale, alla quale verrà messo prontamente rimedio grazie alla riconversione di quei frigoriferi anni Sessanta che si vedono nei film con Alberto Sordi.

Sciopero ad oltranza di alcune dozzine di sigle di sindacati autonomi mondialisti e antagonisti, che questo è tutto un complotto e bisogna rinnovare subito il contratto degli acquafrescai e dei salatori di aringhe, altrimenti vi piantiamo lo sciopero generale (naturalmente di venerdì…).

Improvvisa carenza di siringhe monouso e quindi ci saranno vaccini a mazzi, ma senza i supporti per iniettarli, che saranno però facilmente acquistabili alla modica cifra di trenta euro cadauno presso i bagarini da stadio che, con le partite a porte chiuse, hanno genialmente riconvertito il core business dell’attività. Tutto vero, scommettete?

Ma questo è niente. Sarà fin troppo facile, pure stavolta, prendersela con il governo (o con le Regioni, ma sulle Regioni forse è meglio stendere un velo pietoso…) reiterando la solita litania di noi italiani medi - e lo Stato dov’è? e lo Stato cos’è? e lo Stato non c’è? - ma dovremmo rammentarci tutti quanti che quando poi scende in campo la meravigliosa società civile, quella che è tanto meglio di quelli che la governano e che è da sempre la vera fucina delle intelligenze, delle competenze, della rispettabilità, della solidarietà, del rigore etico e bla bla bla, se ne vedono di tutti i colori.

Quello che a lui il vaccino glielo devono fare perché suo cugino è vice barelliere al Fatebenefratelli, quello che lui ha cucinato una zuppa di cicerchie al primario di infettivologia, quello che lui paga le tasse e andassero a pizzicare gli evasori, quello che a lui lo manda Picone, quello che lui è una persona tutta d’un pezzo e c’ha due coglioni così, quello che a voi ve lo dicono, quello che lui ha fatto il militare a Cuneo, quello che a lui lo ha rovinato la guerra, quello che lui è un reduce di Amba Alagi, quello che lui lo hanno rimasto solo, quello che lui a casa ci sono i bambini che urlano “pane pane!!” e pure quello - un genio - che si spaccerà per invalido con il sordido fine di saltare la fila, come in quella memorabile scena con Tognazzi ne “I mostri”. Tutto vero pure qui: meglio del circo Barnum.

Ma non è ancora finita, perché conclusa la sequela degli ammicchi, delle ammuine, dei familismi amorali, delle consorterie, dei ricatti e delle raccomandazioni, si scatenerà nel Belpaese una ventata di odio sociale stile anni Settanta, con gente che si metterà a spiare di soppiatto fuori da casa dei farmacisti, gente che denuncerà alla Digos il vicino di pianerottolo che pare abbia una scorta di vaccini cinesi nascosti in cantina, gente che andrà sui monti con gli scarponi e il mitragliatore per assaltare le camionette dei rifornimenti sul lungolago di Dongo, gente che una volta ammessa nella sala vaccinazioni partirà tutta compita e contrita e azzimata salutando con garbo tutti i vicini di sedia e poi, come nell’altrettanto memorabile scena della riunione di condominio in “Fantozzi subisce ancora”, appena uscirà l’infermiera chiedendo “chi è il prossimo?” si metterà lo scolapasta in testa e inizierà a brandire la mazza ferrata contro gli altri presenti, anche loro armati fino ai denti, per entrare per primo a farsi la benedetta puntura.

Non c’è niente da ridere. Saremo disposti a tutto, ma a tutto davvero, pur di avere la nostra dose di salvavita: calpestare vecchiette, picchiare bambini, scaraventare gestanti giù dalle scale. E così faremo. Siamo o non siamo italiani brava gente?

© RIPRODUZIONE RISERVATA