La svolta di Togliatti non è quella del Pd

Palmiro Togliatti magari non è proprio nel Pantheon del Pd, ma potrebbe starci se non altro per qualità politiche. Nel 1944, l’allora leader del Pci reduce dalla Russia decise la cosiddetta “svolta di Salerno”, cioè l’accantonamento della pregiudiziale anti monarchica per consentire la formazione di un governo di unità nazionale. La scelta di Togliatti fu contrastata in maniera feroce dagli altri partiti di sinistra, in testa il Psi, ma lui tirò dritto.

Enrico Letta, che con quello che fu appellato “Il migliore” ha poco in comune, invece chiude la porta all’ipotesi di sostenere Letizia Moratti, approdata da Forza Italia al Terzo Polo, nella candidatura alla presidenza della Regione Lombardia contro l’uscente del centrodestra, il leghista Attilio Fontana. Vedremo se la chiusura sarà definitiva, anche se così parrebbe, visto che il Pd starebbe cercando di convincere Giuliano Pisapia a scendere in campo. Quest’ultimo è stato il candidato sindaco che aveva sconfitto proprio Letizia Moratti in cerca del secondo mandato alla guida del capoluogo regionale. Un conto però è Milano, altro il resto della Lombardia.

E se Letta avesse un po’ della spregiudicatezza di Togliatti, magari guarderebbe alla grande opportunità di poter escludere dopo decenni il centrodestra e in particolare la Lega, dalla guida della più importante Regione d’Italia. Vedremo come andrà a finire perché dentro i dem divisi per definizione c’è chi, proprio in Lombardia, non appare indifferente o del tutto contrario all’idea di sostenere in qualche modo l’ex presidente della Rai. La quale da canto suo è certo in grado di spostare una quota di consensi moderati dal centrodestra verso il suo nuovo lido. Certo, se Letta dovesse cambiare idea subirebbe, come Togliatti, una pesante contestazione a sinistra, magari con il rischio di qualche abbandono eccellente. Forse il segretario del Pd ha già valutato costi e benefici, ma certo quello della conquista della Lombardia non è cosa da poco. C’è da pensare a quali ricadute potrebbe avere sulla leadership di Matteo Salvini, già contestato al Nord, e sullo stesso governo guidato da Giorgia Meloni.

Del resto, basterebbe avere buona memoria per ricordare come il centrosinistra sia riuscito a conquistare per due volte di fila nelle ultime consultazioni amministrative, la città di Milano con la candidatura di Beppe Sala che, come Letizia Moratti arriva dal centrodestra. Durante il periodo in cui l’ex ministro era sindaco di Milano l’attuale primo cittadino ricopriva il ruolo di City Manager. Sala, peraltro, sarebbe uno dei nomi sui punterebbero i Dem in alternativa a Pisapia o Carlo Cottarelli, le cui quotazioni però appaiono in ribasso dopo l’irruzione sulla scena di Moratti.

Di certo nelle elezioni della Lombardia, così come in quelle per la guida del Lazio dove i dem sembrano intenzionati a interloquire con i Cinque Stelle, si gioca il futuro del Pd. Che deve decidere, una volta per tutte quale identità darsi: riformista o radicale per evitare che il movimento di Giuseppe Conte si appropri di buona parte del campo della sinistra. Continuare a essere né carne né pesce può essere utile per governare, ma non aiuta a vincere le elezioni, come si è visto anche nelle ultime politiche.

Insomma, non sarà quella di Salerno, ma una svolta al Pd serve eccome.

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