Non ci serve un’altra
memoria che divide

Visto che di 25 Aprile non ne bastava uno solo, ecco bello e pronto il secondo. E’ di queste ore la proposta bipartisan di istituire una giornata della memoria dedicata a tutte le vittime del coronavirus. La data è già stata individuata nel 18 marzo, cioè il giorno in cui una lunghissima, sterminata e agghiacciante fila di camion militari portò fuori da Bergamo decine di bare. Un’immagine simbolica che, assieme a quella del Papa solo sul sagrato della basilica di San Pietro, è destinata a diventare l’icona di questa tragedia tutta italiana e tutta lombarda.

L’idea, che attende ora i passaggi parlamentari per diventare legge, è a prima vista nobilissima e ampiamente condivisibile. Non si può che essere d’accordo con una nuova festività laica che onori i caduti e chi ha lottato in prima linea per fronteggiare l’epidemia, con tanto di programmi televisivi, attività nelle scuole, possibilità di devolvere ore di lavoro alla ricerca e il naturale contorno di mostre, rassegne e concerti. Tutto molto bello, senza dubbio, ma con il difetto imperdonabile di dimenticare non solo la storia profonda di questo paese, ma anche la cronaca battente degli ultimi due mesi, fra i più dilanianti della nostra epoca, che fa dubitare largamente che quella data possa servire da magnete di una memoria condivisa, di una comunità unita, di una fratellanza senza barriere.

Perché sappiamo tutti benissimo che non andrà così. Anzi, andrà esattamente al contrario, si raccolgono scommesse. Basterebbe ricordare la pubblicistica di sinistra e di destra, le accuse incrociate, i complottismi, i dietrologismi, i benaltrismi, le crociate anti-questo o anti-quello, il gloglottare indecente dei cialtroni genetici e professionali e tutta la fanghiglia che è stata sbattuta nel ventilatore dalla caciara giornalistica con finalità platealmente e spudoratamente politiche, per stare certi che vedremo una riedizione quattropuntozero dell’altro scannamento nazionale, rappresentato, da più di settant’anni, dalla festa della liberazione.

Sembra già di vederli, i nostri due schieramenti, con lo scolapasta in testa e il randello in mano, all’appropinquarsi del primo anniversario del 18 marzo 2021. Sembra già di assaporare con quale sobrietà, rigore e dirittura morale spiegheranno ai rispettivi lettori e spettatori e ascoltatori i fatti di un anno prima, un’occasione davvero straordinaria che consentirà agli autorevoli giornali progressisti di offrire un contributo inestimabile al dibattito culturale e alla qualità dell’informazione sempre e comunque al servizio del cittadino, e basta e vergogna e mascalzoni e farabutti e maiali e golpisti e fascisti e nazisti e stragisti ed evasori ed estorsori e vessatori e sfruttatori e appendete Gallera e Fontana su per i piedi a piazzale Loreto e scocchi l’allarme contro il neoliberismo virologico che monta in tutta Europa e scocchi l’allarme contro la voglia di affossare la sanità pubblica che sgorga dalla peggio parte del paese e scocchi l’allarme contro chi non fa i tamponi e tarocca i dati e giù le mani dalle irrinunciabili conquiste dell’intrepida classe lavoratrice scritte con il sangue sui labari della guerra di liberazione ora e sempre antifascista e giù le mani dai diritti faticosamente strappati in anni e decenni e secoli di preclare battaglie sociali e civili e sanitarie e giù le mani dagli eroici compagni barellieri, giù le mani dagli eroici portantini in distacco sindacale, giù le mani dagli eroici compagni svitatori di tappi delle siringhe! Tutto vero.

Scuola di pensiero contraria e opposta a quella che verrà certamente esibita dai non meno autorevoli giornali conservatori, anche loro diuturnamente impegnati a offrire un contributo fondamentale al dibattito culturale e alla qualità dell’informazione sempre e comunque al servizio del cittadino, e basta e vergogna e mascalzoni e farabutti e maiali e comunisti e terroristi e brigatisti e toghe rosse e servi del sistema, della trilaterale, delle multinazionali, dei poteri forti, delle élite, della casta, voi e le vostre torri d’avorio, voi e le vostre terrazze romane, voi e la vostra cosiddetta superiorità antropologica, voi rivoluzionari con la villa al mare, voi figli di papà, voi professoroni, voi cervelloni, voi intelligentoni, voi servi delle multinazionali dei vaccini, voi che odiate la classe media e appendete Conte e Speranza su per i piedi a piazzale Loreto e giù le mani dalla sanità privata, giù le mani dall’onore della nostra bella Lombardia e giù le mani dalla sacralità della patria unica e indivisibile, giù le mani dalla famiglia, dalle madonnine infilzate, dalle processioni del paese, dalla lingua di Sant’Antonio e, soprattutto, dal sangue di San Gennaro, che nel paese di Pulcinella mette sempre tutti d’accordo. Tutto vero anche questo.

Ma perché, non è andata così fino ad ora? E’ solo una semplice coincidenza che per i giornali di destra tutte le colpe dell’epidemia, ma proprio tutte, nessuna esclusa, siano del governo nazionale di sinistra e che invece per i giornali di sinistra tutte le colpe, ma proprio tutte, nessuna esclusa, siano della giunta regionale di destra? Ma questa è informazione? Ma questa è una cosa seria? Ma i fatti oggettivi interessano ancora a qualcuno in questa benedetta repubblica delle banane? Ma davvero vogliamo istituire una nuova festività laica su queste basi, per permettere al trombone di turno di spargere fiumi di retorica sugli eroi e gli angeli e gli umiliati e gli offesi o al politicante analfabeta di rastrellare qualche voto di pancia facendo carne di porco della più grande tragedia sanitaria e sociale del dopoguerra? Ma lo vogliamo davvero?

Le feste nazionali vanno bene per i popoli veri, quelli che hanno fatto le Rivoluzioni e le Riforme. Il nostro, purtroppo, è solo un paese di rivolte e di partigiani (rossi e neri) e non saranno certo trentamila morti a impedirgli di andare avanti a insultarsi e a infamarsi e a infilzarsi sino alla fine dei tempi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA