Rapinese, Salvini e la caccia ai consensi

Il sindaco sceriffo per antonomasia era Gianfranco Gentilini, leghista della prima ora e primo cittadino di Treviso, che se la prendeva soprattutto con gli immigrati e, con ogni probabilità, andava bene a Matteo Salvini che ancora non si era affacciato sul grande proscenio della politica. Il “Capitano “invece ha bloccato come una sciocchezza l’idea di Alessandro Rapinese che, appuntatosi la stella sul gilè, a Como multerà i genitori che consegnano o ritirano in ritardo i figli negli asili nido della città. Qual ’è la differenza? Con ogni probabilità Gentilini e Salvini inseguivano e corrono dietro agli elettori, mentre Rapinese forse no.

Chi scrive ha avuto modo di sottolineare come lo stile istituzionale e la difficoltà a dialogare con gli interlocutori politici (in testa le opposizioni in consiglio), non siano le prerogative migliori per chi è chiamato anche a rappresentare l’intera comunità comasca. Così come la presunzione di considerati superman: sventurata la città che ha bisogno di eroi, si potrebbe affermare, parafrasando Bertolt Brecht.

Ma, a proposito delle multe, non solo quelle per mamme e papà, è difficile sostenere che il sindaco operi con il consenso nel mirino. Da qui il distinguo con il leader della Lega che pure aveva fatto fronte comune con Rapinese, soprattutto per evitare di consegnare la città al Pd. Con ogni probabilità Salvini deve aver immaginato che i genitori dei bimbi al nido siano elettori della Lega o lo siano stati e possano tornare a votarla o diventare supporter del Carroccio e si è affrettato, senza che nessuno glielo avesse chiesto, a sconfessare il sindaco.

Il quale, con questo provvedimento, ha guardato ad altro, dentro l’amministrazione e messo in campo una misura che, sia pure punitiva anche se certo non in maniera draconiana (bisogna arrivare al quarto ritardo per essere sanzionati, un sospetto di recidività è più che lecito), mira a migliorare l’efficienza di un servizio e sulla base delle segnalazioni dei operatori del medesimo.

Nel merito si può forse obiettare al sindaco di non considerare abbastanza i problemi cittadini sul versante del traffico privato, che sono strutturali per la mancanza del secondo lotto della tangenziale e congiunturali riguardo agli eterni lavori sull’A9, di fatto la tangenziale Nord Sud di Como (questioni che peraltro non sono di competenza del Comune), che potrebbero essere alla base dei ritardi cronici. Ma anche gli utenti dovrebbero essere consapevoli delle difficoltà e potrebbero organizzarsi. Bisognerebbe infatti capire se queste persone sono use ad arrivare fuori orario anche sul posto di lavoro senza pagarne le conseguenze.

Riguardo alle altre multe, che registrano un escalation, forse basterebbe applicare un po’ di tolleranza in più. Capita di vedere agenti che sfoderano il blocchetto di fronte a veicoli parcheggiati fuori dagli spazi senza costituire pericolo e intralcio in situazioni in cui anche i posti a pagamento della zona sono “sold out”. Ma comunque chi sgarra sa ciò che rischia.

Stesso discorso, a proposito della ricerca del consenso, può essere fatto sull’obbligo di bottiglietta per i proprietari dei cani allo scopo di attenuare l’effetto delle deiezioni dei quattrozampe sulla pubblica via. Anche qui di certo non ricerca del consenso, visto che a Como, gli amanti dei migliori amici dell’uomo sono molto numerosi e di certo anche tra loro vi sono elettori di Rapinese. Strano che questo provvedimento sia sfuggito a Salvini, visto che è applicato anche in Comuni con amministrazioni di sinistra, tipo Varese.

L’ordine e il decoro, come si vede, non sono proprietà esclusiva della destra o della sinistra. Ma potrebbero servire a migliorare una città anche se questo rischia di essere pagato in termini di consenso.

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