Ritornano la cravatta
e la voglia di normalità

Normalità e affidabilità. Queste sembrano essere le richieste degli italiani, shakerati se non peggio dalla lunga pandemia, ai politici. Normalità significa tornare alla vita di tutti i giorni, e non solo per quanto attiene allo spritz, alla messa in piega, ai tatuaggi e alle vacanze. Ma anche normalità di un lavoro, di un reddito, della possibilità di mettere ancora insieme il pranzo con la cena. Affidabilità significa soprattutto decisioni di buon senso e capacità di renderle effettive. Può sembrare una banalità, non lo è se si schiaccia il tasto del rewind della memoria e si pensa a come eravamo, populisti, sovranisti, razzisti, no vax, un sacco di altre cose, sardine ammassate nelle piazze, elezioni locali vissute come ordalia. Pare che siano passati anni. In fondo sono solo una manciatina di mesi che forse ci hanno cambiato più di quanto ce ne accorgiamo o siamo disposti a riconoscerlo.

In qualche modo, i sondaggi politici, forse registrano questa che potremmo definire evoluzione. Ma gli stessi protagonisti della politica, dotati comunque di antenne sensibili (altre poi sono i messaggi che vengono trasmessi), sembrano essersene accorti. Basta guardare com’è cambiato il look dei nostri rappresentanti. L’ultima felpa indossata da Salvini riposa nell’antitarme e sono ricomparse in maniera seriale, come rileva un’ineffabile sismologa del glamour qual è la giornalista Serena Brivio, le cravatte che sembravano essere state consegnate al vintage dell’abbigliamento del politico moderno.

Un cambiamento che è segnalato anche nel sondaggio effettuato da Nando Pagnoncelli direttore dell’istituto Ipsos e che conferma il tracollo della Lega di Salvini, la forza più che egemone nella fase post pandemia, che perde 10 punti rispetto alle elezioni europee di un anno fa e anche di più rispetto a luglio 2019, preludio della stagione assolata del Papeete, dei pieni poteri e della crisi di governo che portò al Conte due, alla maggioranza Cinque Stelle-Pd-Leu e al passaggio all’opposizione di quello che era definito il “capitano”.

D’altro canto il Pd, il partito più “normale” che ci sia, né carne né pesce e neppure vegano verrebbe da dire, arriva quasi a lambire l’abbordaggio del vascello corsaro leghista con un consenso in lenta e costante ascesa anche se comunque inferiore a quello delle Europee che è, però, precedente alla scissione di Italia Viva, mirabile manovra per far naufragare il governo gialloverde finita poi in una lunga bonaccia, nonostante il tentativi del leader, Matteo Renzi di soffiare nella vela.

Certo il plasma di potenziali consensi elettorali trasfuso dal movimento salviniano è in parte andato a rinvigorire il sangue robusto di Giorgia Meloni e dei suoi Fratelli (d’Italia) che in un anno hanno visto più che raddoppiate le preferenze ipotetiche degli elettori. Premesso che sarebbe interessante, in questo caso, analizzare la distribuzione geografica del consenso, con ogni probabilità molto diffuso in quel Sud che, per fortuna risparmiato quasi dalla pandemia, si dibatte in continue difficoltà economico-sociali che lo porta a tentarle tutte: dal Pd, ai Cinque Stelle, alla Lega, oggi forse a Fdi, e valutare quanto possa aver giovato la non partecipazione al governo Conte delle truppe meloniane.

Un vantaggio che non sembra aver favorito Forza Italia che continua a pagare l’appannamento della figura del suo anziano per quanto coriaceo leader e la polverosa impressione di appartenere a un passato destinato a non ritornare. Saranno decisivi, in caso di sconquassi nell’attuale maggioranza, le possibilità degli azzurri di rientrare nel gioco governativo.

Per quanto riguarda l’affidabilità, fa fede, sempre nella rilevazione di Pagnoncelli, il gradimento dei leader politici. In questo caso si rivela un calo del premier Giuseppe Conte che, da aprile a maggio, lascia sul campo sei punti ma può comunque godere del sostegno, del 60% dei sondati, cinque punti al di sopra del governo. Penalizzanti, certo, gli aiuti promessi con i vari decreti e arrivati in maniera approssimativa, dove giunti. Riguardo ai leader, il 33% (in ascesa) di Salvini, comunque collocato alle spalle di Meloni e del ministro alla Salute, Speranza, e di nuovo tallonato (dopo essere stato superato) dal Pd Franceschini, conferma il momento non felice della Lega, zavorrata dalla voglia di normalità e dalla crisi innescata nel sovranismo di governo, che frena anche i Cinque Stelle e dall’effetto pandemia (vedi alla voce Trump che si deve inventare un nemico al giorno, dalla Cina a Twitter per rimontare nei “suoi” sondaggi) e dalla nuova, se pure ancora non certa, politica dell’Unione Europea in termini di sostegni economici per la pandemia. Chi sta peggio è Renzi che si trova addirittura dietro Vito Crimi, in piena zona serie B.

Un quadro quello delineato dal sondaggio di Nando Pagnoncelli, che di fatto consolida l’attuale maggioranza confermando che andare a votare ora non gioverebbe a nessuno, ma lascia anche aperta la strada a laboratori politici gravidi di sorprese.

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