“Salvo intese”
e le sue sorelle

”Salvo intese” e le sue sorelle. L’espediente creato dalla caotica maggioranza che sostiene il governo Conte per tirare avanti senza rotture traumatiche, ci torneremo più tardi, è solo l’ultimo di una lunga serie. Da anni la politica italiana, per tentare di arginare le difficoltà, ricorre a formule contorte e astruse che i più faticano a comprendere, a volte anche tra gli stessi addetti ai lavori. Uno che aveva inteso bene la necessità di complicare le cose e farsi capire il meno possibile (e chi avesse voluto farlo avrebbe dovuto studiare tanto), era il democristiano Aldo Moro.

La formula “lunare” più celebre, quella delle “convergenze parallele”, però, lui l’ha adottata ma a inventarla è stato Eugenio Scalfari. In questo modo si è riusciti a superare le forti resistenze al primo governo di centrosinistra con i socialisti ad affiancare la Dc senza però che i due partiti si “sfiorassero”. Un assurdo semantico le “convergenze parallele”, poiché queste ultime, a quanto pare visto che nessuno può andare fin lì, sono linee rette che si possono incontrare solo all’infinito, unico luogo allora (erano gli anni ’60) in cui si considerava possibile una reale contaminazione tra la Balena Bianca e un partito ancora di ispirazione marxista. Chissà, se Moro fosse stato operativo qualche decennio prima quando, dopo il delitto Matteotti, il partito Popolare (antenato della Dc) e quello socialista non riuscirono a mettersi d’accordo, forse ci saremmo evitati un ventennio di dittatura fascista. Grazie alle “convergenze parallele” poterono nascere governi dalla vita tormentata. ma in grado di portare a casa alcune importanti riforme.

Un’altra formula asssurda, ma che funzionò è quella della “non sfiducia”, grazie alla quale, nel 1976, in piena crisi economica e con il terrorismo dilagante, fu possibile varare il terzo governo guidato da Giulio Andreotti. Se l’italiano non è un’opinione. “non sfiducia” dovrebbe significare “fiducia”. Ma dato che non c’erano le condizioni perché il Pci sostenesse l’esecutivo composto di soli ministri Dc e non esistevano altre maggioranze possibili, la vita di questo governo, durato circa 2 anni, fu possibile grazie all’astensione in Parlamento dei comunisti che in cambio, ottennero, per la prima volta, la presidenza della Camera, affidata a Pietro Ingrao.

Ci sono poi stati, nella storia del nostro paese anche pre repubblicana, alcuni governi “balneari”. Stando all’accezione letterale del termine verrebbe da pensare a un trasferimento in massa dei ministri in uno stabilimento sulla spiaggia di Rimini per legiferare tra una nuotata e una piadina, indossando costumi da bagno. Ai giorni nostri, forse, la location potrebbe essere il Papeete di Milano Marittima. Invece anche i componenti dell’esecutivo “balneare” non si sono mai mossi da Roma. La definizione si doveva al fatto che questi governi, nati per evitare elezioni agostane o far decantare una situazione politica intricata, sarebbero caduti con le prime foglie autunnali.

Altre formule strampalate ma meno geniali e più recenti potrebbero essere quella del “Caf”, con cui la Dc e il Psi craxiano si spartirono ciò che restava di una Prima Repubblica già agonizzante, un emblema, quello racchiuso nella sigla di tre lettere ,di come le decisioni importanti venissero prese al di fuori delle sedi istituzionali (l’accordo fu siglato da Craxi, Andreotti e Forlani in un camper durante una pausa del congresso del Psi), ma anche la trovata del “contratto” sostitutivo del tradizionale programma nel governo “Conte uno” sostenuto da Lega e Movimento Cinque Stelle. L’escamotage fece sì che le due forze con visioni anche antitetiche su alcune questioni, inserissero nel patto i propri obiettivi senza necessariamente doverli amalgamare. E siamo arrivati al “salvo intese” della seconda avventura a palazzo Chigi di “Giuseppi”. Qui la lingua italiana davvero si presenta a centrocampo per congedarsi. Perché il significato attribuito a questa formula è l’esatto contrario di ciò che significherebbe. Un po’ come quando chiedete un finanziamento per acquistare un’auto a rate e trovate sul contratto che sarà concesso “salvo approvazione” della banca, cioè, verrebbe da dire se l’istituto finanziario non l’approva e non viceversa. Lo stesso per le leggi varate “salvo intese” invece di “salvo non intese”. Se c’è l’accordo la legge va avanti, se non c’è no. Ma questo è. Per il bene di tutti, anche della lingua di Dante, forse sarebbe opportuno capire se questa maggioranza è in grado di andare a prescindere dagli artifici e dai sofismi linguistici, che non sono il massimo per affrontare il difficile momento dell’Italia. Salvo o non salvo intese.

© RIPRODUZIONE RISERVATA