Schlein, vince ancora la voglia di nuovo

Come sempre, nel Pd quasi nessuno ci aveva capito nulla. In primis sull’esito delle primarie che hanno visto il trionfo di Elly Schlein sullo strafavorito Stefano Bonaccini. Ma poi anche sulla voglia della base dei Dem di correre ancora ai seggi dopo le mazzate ricevute alle elezioni politiche e regionali. I molti che paventavano o pronosticavano un flop si sono ritrovati in coda per esprimere il voto e la partecipazione ha superato di molto il milione di elettori, considerati la soglia di sicurezza.

Sono state le primarie più pazze, con il voto “aperto” che ha ribaltato quello degli iscritti e ha rispedito in Emilia Romagna il più volte segretario annunciato Bonaccini. L’esito è storico. Per la prima volta il principale partito della sinistra sarà guidato da una donna che, dall’opposizione combatterà con un’altra figura femminile, quella del premier Giorgia Meloni. Due donne al comando, davvero singolare per una politica alquanto maschilista qual è quella italiana.

Ora ci sono da comprendere le ragioni per cui Elly Schlein ha vinto contro tutti i pronostici. Forse perché i simpatizzanti del Pd chiedevano una svolta più a sinistra del partito, il che rischia di avere contraccolpi non da poco all’interno di una forza politica che ha faticato non poco, e quasi mai c’è riuscita in maniera efficace, a fare sintesi tra le due culture, quella cattolico sociale e la post comunista. Il rischio di una scissione o di un esodo importante verso il terzo polo di Renzi e Calenda è forse il primo nodo per la neo segretaria. Ma la lettura del risultato potrebbe essere anche un’altra, che si riverbera nella tendenza espressa dell’intero elettorato (non solo quello piddino) negli ultimi anni: la spasmodica ricerca del “nuovo” e, in questo caso, anche con sfumature di anti renzismo. Non che il presidente dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, possa essere definito vecchio. Ma la sua figura, anche per una sorta di investitura ormai datata alla segreteria, è stata in qualche modo percepita in continuità con la gestione attuale del partito.

Schlein che arriva dall’esperienza di “occupy Pd” e che aveva lasciato il Nazareno dopo il voto dei 101 contro Prodi presidente della Repubblica, si è riscritta solo tre mesi fa e sicuramente, al di là dei contenuti programmatici che durante la lunga campagna congressuale non sono apparsi affatto dissimili da quelli del suo principale sfidante, da di sé un’immagine alternativa.

C’è da chiedersi, al netto dei possibili contraccolpi cui si è già fatto cenno, cosa accadrà ora nel Pd e quale sarà la linea. Lecito immaginare che sulla guerra russo-ucraina la tendenza ultra atlantista imposta da Enrico Letta sarà in qualche modo corretta. L’importante è che emerga una posizione netta. Il resto, con i problemi che presenta la società italiana, è davvero un mare aperto in cui Schlein dovrà trovare in fretta il modo di far navigare il partito sulla giusta rotta. Non è facilissimo identificare il blocco sociale di riferimento del Pd, se è vero che anche la nuova segretaria si è giovata in maniera significativa dei famosi consensi delle Ztl, molto lontani dai modelli di riferimento della sinistra tradizionale.

Di certo, chi ha votato alle primarie, a prescindere dalla scelta chiede ai Dem di impegnarsi per un’opposizione efficace, non sterile e con contenuti, cosa che, anche a causa del dibattito congressuale, finora non è accaduto. Giorgia Meloni ha accolto con favore il verdetto delle primarie in campo avversario, ma forse per lei Schlein rappresenta una rivale più scomoda di Bonaccini, proprio per l’aurea di “nuovisimo” di cui si è giovata alla grande anche il presidente del Consiglio per il suo trionfo elettorale.

Insomma alle viste ce ne sono delle belle. E a prescindere dalla precarietà che da sempre minaccia l’operato di ognuno dei segretari Dem, per il Nazareno e la politica italiana, molto non sarà più come prima.

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