Ticosa: la “m...” non è stata l’acquisto, ma il dopo

Ticosa: la “m...” non è stata l’acquisto, ma il dopo

In un piccolo cortocircuito con se stesso (capita quando si è iperattivi) il sindaco ha definito l’acquisto dell’area ex Ticosa con un termine offensivo che comincia con la “m...” e che non riportiamo per esteso. Peccato che forse a causa del cortocircuito di cui sopra abbia scordato di aver rivendicato (chissà perché?) l’operazione in un’intervista a questo quotidiano. Fosse vero si sarebbe dato del “m...” da solo. In realtà, il Comune di Como, come tutti sanno, fece propri gli spazi che ospitavano un’immensa tintostamperia quando il primo cittadino era Antonio Spallino, a cui peraltro, poco dopo la sua elezione, l’attuale inquilino di palazzo Cernezzi, disse di ispirarsi.

Insomma, Rapinese si sarebbe dato del “m...” due volte. Ma non importa, il nocciolo della questione che ha portato gli eredi di Spallino, in testa il figlio Lorenzo, a chiedere la restituzione dell’archivio del sindaco Antonio custodito in Comune, è un altro. Premesso che, il risentimento dei congiunti dell’ex sindaco è legittimo, ma non può privare i comaschi di un patrimonio come le carte che testimoniano un’epoca storica importante per la città, va ristabilita un po’ anche la verità storica.

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