Blitz contro la ’ndrangheta a Brescia: indagati tre erbesi

Il caso Le contestazioni: hanno prodotto fatture false per diminuire le tasse da pagare. Non risulta un coinvolgimento diretto con i clan.

Compaiono anche i nomi di tre erbesi nelle pagine dell’ennesima ordinanza della Dda (questa volta di Brescia) contro le cosche di ’ndrangheta ormai stabilmente radicate al nord e che qui fanno affari. Ci sono 36 indagati, con 25 misure cautelari.

Per i tre brianzoli sono sono stati disposti i domiciliari, ma a loro carico non ci sono contestazioni legate alla malavita organizzata o a coinvolgimenti diretti con la ’ndrangheta, bensì accuse relative ad un giro di presunte false fatture che avrebbero consentito alla loro azienda di abbattere gli utili evadendo le imposte.

L’ordinanza

Attività che tuttavia, secondo il giudice delle indagini preliminari che ha firmato l’ordinanza cautelare, avrebbero permesso alla cosca che faceva capo ai principali indagati – stanziata nelle terre del Bresciano, tra Flero e Castel Mella – di accrescere la sua forza economica, aumentandone sia la capacità di operare sia, di rimando, il controllo del territorio.

Il giudice ha disposto in questo contesto i domiciliari per i fratelli Alessandro Castelnuovo (27 anni), Daniele Castelnuovo (39 anni, erbese ma domiciliato a Nibionno) e Roberto Castelnuovo, 44 anni. I tre – secondo l’ipotesi accusatoria – erano legali rappresentanti (Alessandro) e stretti collaboratori (gli altri due) della Nickel Steel Ecology srl. Il capo di imputazione che riguarda i tre erbesi è il numero 40, poi collegato al 43. Si tratta in pratica di un presunto giro di false fatture emesse per operazioni che gli inquirenti ritengono inesistenti. Le indagini sono state coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Brescia con il lavoro della guardia di finanza e della polizia si stato.

Il giro di fatture, sempre secondo quella che è la ricostruzione che ha passato il vaglio del giudice preliminare che ha emesso l’ordinanza, avrebbe consentito alla società dei fratelli di evadere le imposte sui redditi per un quantitativo di circa 430 mila euro, relativi all’anno 2021. I Castelnuovo, avrebbero intrecciato questo giro di fatturazioni con una società – la Stefan Metalli srl – che faceva capo, con ruoli diversi, a tre dei principali indagati della vicenda bresciana, tutti con la contestazione di far parte della malavita, ovvero Francesco Tripodi, Stefano Terzo Tripodi e Loris Marraffini. Sempre secondo la Dda di Brescia, i Castelnuovo avrebbero indicato nelle dichiarazioni relative agli anni 2019 e 2020, elementi passivi ritenuti essere fittizi per un valore imponibile di circa 570 mila euro.

Le accuse

Questa è per il momento l’ipotesi accusatoria, in attesa che anche la difesa possa portare sul tavolo i propri elementi.

Una vicenda in cui comunque, ribadiamo, ai Castelnuovo non viene contestata l’appartenenza alla malavita di stampo calabrese, seppur in una indagine che ha portato a sgominare la cosca che operava nel Bresciano alleata con gli Alvaro di Sinipoli.

Tra i reati che figurano nel fascicolo della Dda ci sono quelli tipici di queste indagini, ovvero estorsioni, usure, attività di riciclaggio, armi, droga e corruzione, con una buona fetta anche di reati fiscali proprio come quello che ha portato le indagini fino a Erba.

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