Maltrattò Sharon, di soli 18 mesi, per quasi due ore, lasciandola morire: ecco le ragioni dell’ergastolo in appello

Cabiate Depositate le motivazioni che hanno portato alla conferma del massimo della pena. «Due ore di maltrattamenti, poi non allertò i soccorsi. Ha ampiamente mentito per difendersi»

«L’ha lasciata sola, senza nessuna assistenza», «non ha ritenuto di allertare i soccorsi» e questo nonostante avesse ammesso di averla ripetutamente colpita e nonostante soprattutto la bambina non reagisse più alle sollecitazioni. Un comportamento che non merita la concessione di alcuna attenuante e che ha «innescato il meccanismo che ha determinato il decesso per edema cerebrale» della piccola Sharon Barni, 18 mesi appena, avvenuto all’ospedale di Bergamo dopo un tentativo disperato di trasportarla con l’elisoccorso per salvarle la vita. Fatti che avvennero a Cabiate l’11 gennaio del 2021.

Confermato l’impianto

Per quella sconvolgente vicenda il compagno dell’epoca della madre, Gabriel Robert Marincat, rumeno di 27 anni, ha visto confermata anche davanti ai giudici della Corte d’Assise d’Appello di Milano la sentenza di primo grado che l’aveva condannato all’ergastolo. Ad essere modificata, nel palazzo di giustizia meneghino, è stata solo una piccola parte della decisione maturata a Como, ovvero quella che ha cancellato i «futili motivi» in quanto non «sufficientemente provati». Ma questo cambio non ha finito con l’influire sull’entità della pena viste anche le altre aggravanti a partire da quella della crudeltà.

Nessuno sconto, dunque, come invece era stato chiesto dalla difesa che aveva parlato delle ammissioni fatte da Marincat che tuttavia, per i giudici d’Appello, «non furono spontanee» ma giunsero solo quando non era più possibile fare altro. «Marincat è un soggetto scarsamente affidabile – è stato scritto nelle motivazioni – Avendo ampiamente mentito pur di difendersi».

Ricordiamo infatti che quando furono allertati i soccorsi, il rumeno – che era da solo in casa in quanto la madre della piccola era andata al lavoro – aveva parlato di una stufetta caduta dall’alto sulla testa di Sharon che ne aveva provocato le ferite. La piccola, a dire dell’uomo, aveva però continuato a giocare – cosa negata dal medico legale dell’ospedale di Bergamo (che aveva evidenziato anche le violenze sessuali), essendo le ferite non compatibili con attività successive – tanto che solo intorno alle 18 Sharon aveva accusato un malore non svegliandosi dal sonno e rigurgitando.

Ciò che al contrario emerse, ricordano ora i giudici, fu «un’ora e mezza, forse due, di maltrattamenti» che non possono non aver fatto nascere la consapevolezza nell’imputato «che c’era il rischio di un evento più grave delle lesioni personali non mortali».

La richiesta di perizia psichiatrica

Un capitolo lungo dell’udienza d’Appello è stato infine riservato alla richiesta della difesa, con l’avvocato Stefano Plenzick, di una perizia psichiatrica nata dalle dichiarazioni dello stesso Marincat di «non aver egli stesso compreso i motivi del suo agire pur essendoselo chiesto mentre non riusciva a fermarsi».

Ed è proprio su questo punto che i giudici di Milano, nel confermare l’ergastolo, hanno ricordato l’attitudine del rumeno a mentire per difendersi, aggiungendo inoltre come «difetti di qualsiasi evidenza l’esistenza di una patologia o di un disturbo che possa aver influito» su quanto accaduto.

Manca insomma «la documentazione sanitaria di qualsiasi genere», essendo l’unica presente negli atti «successiva al fatto» per cui si è finiti a processo, ovvero la morte barbara e devastante di una bimba di appena 18 mesi che la madre aveva affidato a quello che era il suo compagno.

La vicenda

Sharon Barni non stava mai con il compagno della madre, bensì andava sempre dalla nonna che abitava nello stesso condominio. Quel giorno, tuttavia, la piccola – 18 mesi – aveva continuato a dormire e la madre aveva deciso di non svegliarla lasciandola con il giovane rumeno. Doveva infatti andare al lavoro e non poteva fermarsi ulteriormente. Che qualcosa non stava andando per il verso giusto, la mamma l’aveva però intuito nel pomeriggio fino al pretendere di chiamare il 118 per quella bambina che Marincat aveva riferito non stare bene. Il rumeno aveva infatti detto che intorno alle 16 una stufetta, cadendo da una scarpiera, l’aveva colpita al capo. Ma aveva anche detto che la bambina aveva continuato a giocare. Poi alle 18.30 il quadro clinico era precipitato e la bambina, soccorsa dalla nonna allertata dalla mamma, era stata trasportata d’urgenza in ospedale a Bergamo. I medici non erano riusciti a salvarle la vita.

Le indagini e i sospetti

A cambiare l’esito di questa storia già drammatica, erano state le indagini dei Carabinieri della compagnia di Cantù coordinate dal pm Antonia Pavan. Il medico legale infatti aveva sottolineato molte incongruenze tra le ferite presenti sul corpo e la storia per come era stata raccontata da Marincat. A partire dall’impossibilità di continuare a giocare con ferite tanto importanti al capo. Insomma, nel giro di poco tempo era stata la stessa procura a chiedere al gip la custodia cautelare in carcere per il rumeno, accusato dell’omicidio della piccola e anche di abusi sessuali. Ricostruzione che ha retto in due gradi di giudizio.

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