Strage di Erba, magistrato della Procura generale propone di riaprire il caso, ma da palazzo di giustizia fanno sapere: «Non si può parlare di revisione»

La campagna innocentista Il sostituto Pg Cuno Tarfusser depositato una relazione con «considerazioni sul caso» per proporre una possibile istanza alla Corte d’Appello contro condanna dei coniugi Romano

Cuno Tarfusser, il sostituto procuratore generale di Milano che ha depositato una relazione sul caso della strage di Erba, proponendo (ma al momento in pochi conoscono il contenuto di quell’atto) una possibile istanza di revisione del processo, è all’estero. E ai giornalisti che provano a contattarlo rimanda il confronto a data da destinarsi, ovvero al suo rientro. Ma, intanto, da fonti giudiziarie della Procura generale ci si affretta a bollare così l’indiscrezione pubblicata ieri sera (mercoledì 12 aprile) dall’agenzia di stampa AdnKronos: «Non si può parlare di revisione». Certo è che sulla condanna all’ergastolo di Rosa Bazzi e Olindo Romano, sulla quale ben 23 giudici differenti in tre gradi di giudizio (oltre che in sede di altre istanze di riapertura del caso già respinte negli anni scorsi) si sono già espressi senza alcun dubbio, ritornano a soffiare voci e speculazioni. Il tutto nel bel mezzo della riapertura del processo mediatico che punta - ormai senza più mezzi termini - a indicare come innocenti i due coniugi di via Diaz.

La cronaca delle ore nel corso delle quali la maionese dell’informazione sembra essere nuovamente impazzita, comincia con un lancio (nella serata di mercoledì) dell’agenzia AdnKronos. Che riporta quanto segue: «La procura generale di Milano è a lavoro sulla strage di Erba dopo che la difesa dei coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio di Raffaella Castagna, del figlio di solo 2 anni Youssef Marzouk, della nonna del piccolo Paola Galli e della vicina di casa Valeria Cherubini, ha più volte tentato di riaprire il processo sui fatti dell’11 dicembre 2006. La revisione, più volte annunciata dal difensore Fabio Schembri, si fonderebbe - secondo indiscrezioni - su nuovi testimoni ma anche su intercettazioni ambientali mai prese finora in considerazione. Elementi su cui la procura generale, il caso è affidato a Cuno Tarfusser, ha fatto le sue considerazioni contenute in una relazione su cui dovrà esprimersi l’avvocato dello Stato insieme alla procuratrice generale». E si legge, ancora: «Non si può parlare di revisione». Quest’ultima frase sarebbe stata citata da “una fonte” giudiziaria sentita dall’agenzia di stampa.

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Il sostituto Pg ha depositato al suo procuratore generale, Francesca Nanni, e all’avvocato generale Lucilla Tontodonati una relazione, che è stata realizzata sulla scorta di nuovi elementi presentati dalla difesa dei coniugi Romano, per valutare l’eventuale richiesta di revisione. Ma quali sono gli estremi e qual è l’iter perché si arrivi a una riapertura di un processo passato in giudicato?

Innanzitutto l’organo competente per la revisione è la Corte d’Appello del distretto vicino a quello dov’è stata pronunciata la sentenza di merito, quindi Brescia.

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Quando è possibile accogliere la revisione di un processo? Ecco cosa dice il codice:

- se i fatti stabiliti a fondamento della sentenza non possono conciliarsi con quelli stabiliti in un’altra sentenza penale irrevocabile. E non è questo il caso.

- se la sentenza ha ritenuto la sussistenza del reato a carico del condannato in conseguenza di una sentenza del giudice civile o amministrativo, successivamente revocata. E, anche qui, non è questo il caso.

- se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto a norma dell’articolo 631 (ovvero devono essere tali da dimostrare, se accertati, che il condannato deve essere prosciolto). Potrebbe essere questo il caso, ma la Cassazione ha sottolineato come «per l’ammissibilità della richiesta di revisione basata sulla prospettazione di una nuova prova, il giudice deve valutare non solo l’affidabilità della stessa, ma anche la sua persuasività e congruenza nel contesto probatorio già acquisito». Cioè devono essere clamorosa e tali da ribaltare anche le prove a carico acquisite per la condanna.

- infine, ultimo requisito, se è dimostrato che la condanna venne pronunciata in conseguenza di falsità in atti o in giudizio o di un altro fatto previsto dalla legge come reato.

In attesa di comprendere meglio il contenuto dell’atto del procuratore generale e, soprattutto, di capire se lo stesso sia nato autonomamente oppure sollecitato da istanze o richieste (visto che citerebbe asseriti nuovi elementi portati dalla difesa dei due condannati), va sottolineato anche l’iter previsto in questi casi. Sia che si tratti di procedimento autonomo del pg, sia che si tratti di un parere su istanza di parte, la Procura generale deve formulare (e non lo ha fatto) un parere formale sull’eventuale revisione. Quindi - qualora lo ritenesse - deve presentare domanda alla Corte di Appello che, in caso di accoglimento, revocherebbe la sentenza di condanna per trasmettere gli atti al giudice di primo grado (in questo caso la corte d’Assise di Como).

Fantascienza giudiziaria o c’è qualcosa di velatamente vero? Difficile comprenderlo. Certo è, come sottolineato anche nella serie podcast Anime nere dedicata all’accanimento innocentista contro le vittime della strage, “una bugia fa in tempo a viaggiare per mezzo mondo mentre la verità si sta ancora mettendo le scarpe”. Così scrisse Mark Twain. Ma ovviamente, non si riferiva al caso di specie.

(articolo aggiornato alle 12 del giorno 13 aprile 2023)

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