«Ti faccio perdere il lavoro». E la violenta. Uomo di 66 anni agli arresti domiciliari

Anzano Avrebbe abusato delle «condizioni di inferiorità» di una ventenne sul posto di lavoro. Chiusa in uno sgabuzzino, senza vie di fuga. Le colleghe hanno scoperto tutto: denunciato

La madre si era accorta che qualcosa, nel comportamento della figlia, non andava.

All’improvviso, una sera, era rientrata in casa scappando in camera a piangere. Anche le colleghe di lavoro, che sapevano della fragilità della loro compagna, avevano percepito la stessa cosa, parlando con la ragazza – di appena 21 anni – e scoprendo quello che stava accadendo. Un racconto torbido, maledetto, che è confluito in una ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari che i carabinieri della stazione di Cantù hanno eseguito nelle scorse ore e che ha portato all’arresto, con l’accusa di violenza sessuale «abusando delle condizioni di inferiorità» della sua vittima, un uomo di 66 anni di Mariano Comense di cui omettiamo di scrivere nome e cognome ad esclusiva tutela dell’anonimato della ragazza.

Gli episodi

Violenze sessuali commesse non in una sola occasione, tra l’altro, ma in almeno tre circostanze tutte in rapida sequenza, il 19 e il 23 aprile, ma anche il 3 maggio.

Una indagine che, dopo la denuncia querela della vittima convinta dalle colleghe a raccontare quello che stava avvenendo, è finita sul tavolo del pubblico ministero Mariano Fadda che ha chiesto al giudice delle indagini preliminari la misura restrittiva che è stata concessa. Ieri mattina, tra l’altro, nell’ambito dell’interrogatorio di fronte al Gip Carlo Cecchetti, l’indagato si è avvalso della facoltà di non rispondere, non fornendo dunque – almeno per il momento – la propria versione di quanto accaduto.

La giovane, di appena 21 anni, e il suo presunto aguzzino, di 66 anni, si conoscevano per questioni lavorative. Non erano colleghi, ma frequentavano quotidianamente lo stesso ambito professionale ad Anzano del Parco. Per questo motivo, quando il 19 aprile l’uomo l’aveva contattata al telefono chiedendole di raggiungerla in un’area di parcheggio coperta e appartata, la ragazza non aveva pensato a nulla di male, solo che avesse bisogno di qualcosa. Almeno fino a quanto la stessa si era ritrovata chiusa dentro in uno sgabuzzino, con la via di fuga impedita, costretta a compiere un atto sessuale all’uomo che aveva di fronte.

Una scena che si era ripetuta anche pochi giorni dopo, il 23 aprile, con la giovane che aveva acconsentito alle richieste – secondo quanto raccontato poi nella denuncia querela – solo perché l’uomo l’aveva minacciata di farle perdere il lavoro.

Che qualcosa non andava era però emerso in modo chiaro sia alle colleghe, che da subito l’avevano vista strana accorgendosi del cambiamento repentino d’umore, sia alla madre che aveva visto la figlia, una volta rincasata, correre in camera a piangere.

La giovane aveva poi trovato la forza di raccontare l’accaduto, arrivando anche, sempre con l’aiuto delle colleghe, a tendere un tranello il 3 maggio. La vittima aveva subito anche il terzo abuso, perché lo sgabuzzino dove l’uomo la rinchiudeva era stato cambiato proprio quel giorno, ma le amiche avevano comunque scoperto il sessantaseienne mentre si ricomponeva, ottenendo da lui parziali ammissioni su quanto era appena successo.

Le indagini

Secondo la procura e i carabinieri, raccolti non solo gli atti ma anche i messaggi telefonici e riscontrando il tutto con l’analisi delle telecamere puntare su quell’area di parcheggio e sullo sgabuzzino degli abusi, il materiale raccolto è stato sufficiente per chiedere l’arresto dell’uomo in esecuzione di una misura cautelare ai domiciliari che è stata eseguita.

L’uomo, come detto, nell’interrogatorio di ieri ha preferito rimanere in silenzio.

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