I farmaci e le donne:
dove sbaglia la ricerca

Perché parlare di donne e farmaci? Per una ragione molto semplice. Come ormai è noto a tutti i farmaci vengono studiati prima negli animali da esperimento e poi nell’uomo attraverso i cosiddetti “studi clinici controllati”. In questi studi dovrebbero essere rappresentati in modo adeguato coloro che usufruiranno dei farmaci, ad esempio giovani e vecchi, maschi e femmine. Invece non è così. Le donne sono poco rappresentate negli studi clinici controllati. In una recente revisione si è calcolato che solo un terzo dei soggetti reclutati negli studi in campo cardiovascolare sono donne. La percentuale di circa 30 riguarda praticamente studi di tutte le specialità: infezioni, oncologia, gastroenterologia, psichiatria e così via. Solo il 31 per cento degli studi analizza differenze tra i sessi per quanto riguarda benefici e tossicità dei farmaci. E nel 73 per cento degli studi pubblicati non sono riportati i risultati distinti per sesso. Ciò è molto grave perché in questo modo i risultati riguardanti il maschio sono diluiti o rinforzati a seconda che nelle femmine i farmaci siano meno attivi o più attivi dei maschi. Questa anomalia viene poi aumentata quando nelle metanalisi vengono raggruppati i risultati di più studi.

Una prima domanda viene spontanea: “Per quale ragione le donne sono poco rappresentate?”

Anzitutto negli studi clinici controllati si preferiscono i maschi dell’età fra i 18 e i 60 anni, perché sono in generale meno fragili dei bambini e degli anziani. In questa fascia d’età ricadono le donne che sono in età fertile e quindi candidate a possibili gravidanze e inoltre possono essere anche in menopausa, una condizione in cui avvengono forti variazioni ormonali. Tuttavia, queste non sono condizioni sufficienti per non includere le donne negli studi visto che poi saranno comunque candidate a utilizzare i farmaci. Dovrebbe essere compito dei Comitati Etici controllare che le donne siano presenti con una numerosità adeguata, per poter evidenziare alla fine dello studio se vi siano differenze fra femmine e maschi in termini di benefici o effetti tossici.

Una seconda domanda è: “E’ proprio necessario stabilire una differenza fra maschi e femmine? Magari non esiste”. I pochi dati che abbiamo a disposizione ci dicono invece che le differenze possono esistere e che il non conoscerle può recare danni alle donne. Ad esempio, la cinetica di un farmaco, cioè la velocità con cui viene assorbito, distribuito negli organi, metabolizzato ed eliminato non è eguale nel maschio e nella femmina.

Le donne hanno in generale un peso corporeo minore del maschio ma ricevono la stessa dose, hanno più tessuto adiposo e quindi possono immagazzinare di più i farmaci che si sciolgono nei grassi, hanno un maggior legame del farmaco ad alcune proteine del siero e quindi proporzionalmente per alcuni farmaci, ma non per altri, un minor livello di farmaco libero, quello che entra nei tessuti.

I farmaci non rimangono tali e quali nell’organismo, ma vengono trasformati in molte altre sostanze chimiche attraverso particolari complessi di proteine presenti soprattutto nel fegato. Sono note alcune differenze di questi complessi metabolismi: ad esempio il propanololo, un farmaco cardiovascolare, è più metabolizzato nel maschio rispetto che nella femmina, mentre avviene il contrario per le benzodiazepine, farmaci tranquillanti utilizzati come sonniferi. Queste differenze si ripercuotono sulle concentrazioni nel sangue; ad esempio la femmina, a parità di dose, ha concentrazioni più elevate rispetto al maschio di sertralina, un farmaco antidepressivo. Fra l’altro le differenze possono aumentare in rapporto con l’età.

Queste differenze di farmacocinetica si possono tradurre anche in differenze nell’efficacia dei farmaci. Ad esempio, nella donna occorrono dosi più alte di morfina per ottenere lo stesso effetto antidolorifico che si ha nel maschio. L’aspirina, nel trattamento preventivo, è meno efficace nel ridurre la mortalità e l’infarto cardiaco nella donna rispetto al maschio, mentre non sembra differire tra i due sessi la tendenza all’emorragia legata all’uso di questo farmaco.

Anche se molto meno conosciute, vi sono differenze fra maschio e femmina anche per quanto riguarda la tossicità. Negli Stati Uniti due milioni di donne rispetto a 1,3 milioni di maschi hanno sofferto di effetti tossici da farmaci nel periodo 2004-2013. Ben 8 farmaci su 10 sono stati ritirati dal commercio per gravi effetti tossici nella donna.

Per entrare più nel dettaglio gli ACE inibitori, farmaci antiipertensivi, inducono più tosse nella femmina rispetto al maschio. Le statine, farmaci che riducono le concentrazioni di colesterolo nel sangue, determinano più dolori ai muscoli nella femmina che nel maschio. Questi effetti sono ancora più importanti considerando che le donne consumano più farmaci dei maschi a causa della maggior durata di vita.

La conclusione è molto semplice: occorre recuperare il tempo perduto e poiché è improbabile un interesse dell’industria al riguardo, deve essere sostenuta la ricerca indipendente, perché si raggiungano conclusioni certe sulle differenze in termini di benefici e tossicità nelle femmine rispetto ai maschi.

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