Il Ticino vuole riaprire
Cinquemila frontalieri
cercano un nuovo lavoro

C’è chi ha perso il posto a causa dell’epidemia, Altri ora aspettano il ritorno alla piena attività di bar e ristoranti. Berna punta a rimettere in moto il Paese entro l’11 giugno

Con i contagi ai minimi da sette mesi a questa parte (19 i casi annunciati ieri, senza nuovi decessi da ormai 13 giorni) e con gli ospedali praticamente vuoti, anche il Governo ticinese si associa alla voce delle associazioni di categoria e imprenditoriali chiedendo a Berna di riaprire tutto e subito.

Una notizia che riguarda inevitabilmente anche i frontalieri, considerato che con le aree interne dei ristoranti ancora chiuse, almeno un migliaio di nostri lavoratori è ancora fermo al palo.

Tra maggio e giugno

A innescare la miccia, ieri, ha pensato il consigliere di Stato leghista, Claudio Zali, che dalle colonne de “Il Mattino della Domenica” ha fanno notare come oggi più che mai «sia opportuno riaprire completamente tutti gli esercizi, anche in virtù del fatto che i ticinesi hanno dimostrato di sapersi comportare in modo civile... Bisogna riaprire nell’interesse dell’economia, dei lavoratori e della popolazione tutta». Sin qui - stando ai dati del sindacato ticinese Ocst - sono almeno 5 mila i frontalieri che hanno perso il posto di lavoro da inizio pandemia. Un dato che avrebbe potuto essere di gran lunga superiore, se Berna non avesse messo mano alle casse federali per rifinanziare di scadenza in scadenza il lavoro ridotto, l’omologo della nostra cassa integrazione. Il Governo federale ha fissato tra il 31 maggio e l’11 giugno i due prossimi step per le riaperture, escludendo così la possibilità di utilizzare gli spazi interni dei ristoranti per la festività di Pentecoste, con il fine settimana lungo programmato dal 23 al 25 maggio. Peraltro Berna non ha chiarito anche un altro destino, quello delle aree interne dei bar, alto segmento che dà lavoro a un buon numero di frontalieri in Ticino così come nei Grigioni.

«Basta con i rinvii insensati», ha tagliato corto il “Mattino della Domenica” puntando l’indice contro il governo federale, senza farsi sfuggire la possibilità di una stoccata - l’ennesima di una lunga serie - alla vicina Italia, rea di«“aprire e chiudere i confini a seconda dei propri interessi».

I leghisti contro l’Italia

«In vista dell’inizio della stagione turistica, il Belpaese riapre i propri confini agli svizzeri ed ai cittadini europei, senza più dover sottostare all’obbligo della quarantena», afferma il consigliere nazionale Lorenzo Quadri, che affonda il colpo contro i sindaci e la politica di confine, impegnata da un lato a «trattarci da untori, perché il lockdown da noi non è stato rigido come in Italia» e dall’altro «ad abolire la quarantena, perché hanno bisogno dei soldi dei ticinesi».

In realtà, a Lorenzo Quadri manca un passaggio e cioè che l’obbligo di tampone entro le 48 ore precedenti l’ingresso in Italia alla fine ha finito nuovamente per scontentare anche sindaci e commercianti italiani.

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