Ristoranti e alberghi, ora è allarme
«Non troviamo camerieri e cuochi»

Ritornano i turisti, ma manca troppo personale: «Posto a Bellinzona da 3.800 franchi, non va nessuno» - Il problema riguarda anche ristoranti stellati e hotel

I turisti tornano sul lago, ma l’accoglienza è in crisi nera. Manca personale di sala, cucina e bar e anche per la reception degli hotel e i servizi di pulizia. La ripartenza della ristorazione e del settore alberghiero deve affrontare la scarsità di manodopera e, con queste premesse, non sarà per nulla scontata. Sono oltre 50 ad esempio le richieste di personale da parte dei ristoratori, dislocati in tutta la provincia, a essere arrivate nell’ultimo mese sul tavolo dell’Associazione Cuochi di Como. L’appello è drammatico: non ci sono figure qualificate per rimettere in piedi un settore fortemente colpito dalla pandemia, denominatore che purtroppo accomuna tante attività dello Stivale proprio alle porte della stagione estiva.

L’incertezza tiene banco e in molti temono che il via libera del primo giugno per i ristoranti e i locali che torneranno a servire anche al chiuso possa rivelarsi una falsa partenza, l’ennesima, e quindi sono cauti nel re-investire.

Intanto la ricerca di camerieri, cuochi, barman, addetti alla portineria continua incessante. E le notizie che arrivano non rincuorano, parlano di un mondo del lavoro, soprattutto per ristorazione e alberghiero, che ha visto capovolgersi le priorità e le abitudini professionali. «Sono settimane che in associazione non riusciamo a trovare un cuoco che accetti un posto a Bellinzona in una cucina di un crotto – racconta Sergio Mauri, vice presidente dei Cuochi di Como –. Pagano 3800 franchi al mese, ma non c’è nessuno disposto a spostarsi. In molti a causa della pandemia hanno chiuso e si sono reinventati in un altro settore. Altri hanno risistemato le priorità, mettendo prima la famiglia. Fare il cuoco è impegnativo, richiede sacrificio ed è un lavoro senza orari. E poi ci sono quelli che piuttosto che accettare lavori non sempre pagati ai livelli di un tempo, preferiscono rimanere a casa con qualche sussidio di disoccupazione o con il reddito di cittadinanza e arrotondare con due barra tre servizi la settimana che svolgono in nero».

La crisi del lavoro sta colpendo tutti dal ristorante extra lusso alla trattoria, fino a chi fa catering.

«In città non va meglio, cerca uno chef uno tra i ristoranti stellati preferiti dallo stesso George Clooney – continua Mauri – ma anche per questa opportunità le candidature scarseggiano. Eppure sono convinto che si tornerà a lavorare come prima, rimango speranzoso, la gente ha voglia di riscoprire la convivialità e nei primi weekend quasi estivi si è ripreso a pieno ritmo. L’augurio è che la stagione sia più lunga del solito». Paolo Maspero, storico chef comasco, condivide questa fiducia, ma usa maggiore cautela: «Non pensavamo che a livello di personale fosse una situazione così pesante. Soprattutto i giovani non sono rimasti ad aspettare la ripresa del settore e nemmeno chi aveva sulle spalle una famiglia da mantenere. Si sono indirizzati verso altri campi, in molti oggi li troviamo nelle gastronomie dei supermercati che hanno sempre continuato a lavorare e che chiedono orari più gestibili. E poi, per rimettersi in pista, ci vogliono certezze, altrimenti c’è chi continuerà a tenersi stretto il sussidio e a ritardare la fatica di una professione ora tutta da ricostruire».

In controtendenza è Mauro Elli, vicepresidente per Como della Federazione Italiana Pubblici Esercizi e membro del consiglio di Confcommercio: «Dalle attività del territorio raccolgo giornalmente richieste di personale, ma non dobbiamo fare l’errore di pensare che questa situazione sia vittima della pandemia. Arriva da ben più lontano e la responsabilità spesso è dei datori di lavoro. Si è investito troppo poco nella qualità di vita dei lavoratori, chiedendo impegno e disponibilità a fronte di retribuzioni più che modeste. E questo ha scoraggiato in particolare i giovani a intraprendere questa strada. Proprio dai giovani dobbiamo ripartire in questo che per la ristorazione sarà l’anno zero. Ci vuole lo sforzo di tenere insieme il settore e di ripensare con le scuole alberghiere del territorio uno scenario diverso che invogli le nuove leve e non le faccia scappare all’estero».

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