Limite all’alcol, il sindaco rilancia: «C’è in molte città. Perché qui no?»

Le regole Rapinese e la stretta sulle consumazioni in strada: «Decine di esempi in Italia». Il modello? Alcuni Comuni veneti. «I nostri uffici scriveranno un testo a prova di ricorso»

«Ho visto decine di regolamenti in tutta Italia che limitano l’alcol per tutto il giorno e su tutto il territorio comunale. Non capisco perché a Como non si possa fare. Non sono un tecnico, c’è chi se ne sta occupando in queste ore. La nostra volontà politica è mettere ordine al caos che c’è in città e con uno strumento o un altro raggiungeremo questo obiettivo». Il sindaco Alessandro Rapinese torna così sulla questione della modifica al regolamento di polizia urbana da lui proposto per porre un freno all’abuso di alcol per le vie del centro. Elemento considerato tra le principali cause delle problematiche di ordine pubblico.

L’intenzione – che ha già trovato l’appoggio di Confcommercio Como, che chiede solo di essere interpellata per la stesura del provvedimento – è consentire la somministrazione di alcol ai locali, ai ristoranti e a chi è autorizzato alla mescita, consumazioni che dovranno essere fatte in prossimità dei locali, impedendo invece la consumazione di alcolici “recuperati” in altro modo (nei supermercati, presi dal frigo di casa) e poi portati per le strade del centro.

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Il dibattito

Non sono mancate, fin da ieri, le reazioni da parte di chi ritiene una modifica di questo tipo non applicabile e addirittura impugnabile. Il sindaco tuttavia ribadisce che quello è l’obiettivo, come applicato in tanti altri comuni d’Italia, Cantù compreso. Al vaglio ci sarebbe solo una eventuale limitazione oraria di questi divieti, inserendo dunque nel regolamento di polizia urbana una ipotetica forbice di aperture, verosimilmente nelle ore del mattino. Ma il primo cittadino auspicherebbe al contrario la soluzione più intransigente. Vedremo.

In effetti ci sono alcuni esempi all’interno dei regolamenti urbani di Comuni sopra i 15mila abitanti. Tra questi Arzignano (Vicenza, 25mila abitanti) dove all’articolo 6 è scritto che «è fatto divieto, in relazione all’immagine fortemente diseducativa per le nuove generazioni ed ai fenomeni di eccessivo aumento di euforia e di aggressività connessi al consumo di alcol, di consumare bevande di qualsiasi gradazione alcolica in luogo pubblico o aperto al pubblico se non nelle pertinenze di bar, locali, luoghi di somministrazione». Nel Comune i titolari dei bar hanno anche l’obbligo di «impedire l’uscita dal proprio locale di oggetti di vetro o ceramica contenenti bevande di qualsiasi gradazione alcolica, per evitare che possano divenire “armi improprie”».

Sempre nel Vicentino, a Lonigo, il regolamento impone il «divieto di consumo di bevande alcoliche in luogo pubblico in tutto il territorio comunale... se non nelle pertinenze di locali in possesso di specifica autorizzazione». Sanzioni che vanno in questo caso da 83 euro a 500 euro.

Al vaglio dei tecnici

Esempi, quelli appena riportati, cui Rapinese si ispirerebbe con in più l’intenzione di effettuare anche il contemporaneo controllo degli scontrini, come dimostrazione dell’acquisto avvenuto in un bar o comunque in una rivendita autorizzata. Anche questo punto, molto controverso, è al vaglio dei tecnici. «Posso citare decine di casi in tutta Italia – conclude il sindaco – I nostri uffici dicono che questa via è percorribile e noi la percorreremo. Scriveremo un provvedimento che possa resistere a ogni tipo di ricorso».

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