«Lo stallo, le fiamme e la caduta
L’aereo a cinquanta metri da noi»

La disgrazia sul Legnone: il testimone oculare. Ivano Sambruni del Cai di Mariano era sul monte con altri alpinisti «Alla croce ci tremavano le gambe. Se fosse esploso forse non saremmo qui a parlare»

Prima il volo a zig-zag, poi la fiammata e infine l’avvitamento. Un gruppo di cinque alpinisti comaschi che si trovavano sulla vetta del Legnone proprio mentre l’Aermacchi M346 precipitava schiantandosi sulla parete nord della montagna, è stato involontario testimone della tragedia avvenuta a poche decine di metri di distanza da loro e che è costata la vita al pilota Dave Ashley e ha portato al ferimento di Giampaolo Goattin.

Il racconto

A raccontare quei concitati momenti è Ivano Sambruni, 66 anni, del Cai di Mariano Comense: «Ero in compagnia di altri due membri della nostra sezione e di due amici dello Sci Club di Lentate sul Seveso. Ogni settimana ci muoviamo come gruppo per effettuare le nostre escursioni. Mercoledì abbiamo scelto il Legnone e siamo saliti dal sentiero che parte dai Roccoli Lorla. Dopo tre ore, tre ore e dieci eravamo praticamente arrivati in vetta. Quando tutto è successo eravamo a cinque metri della croce, mentre due dei nostri amici erano 40 o 50 metri più indietro».

Erano quasi le 11.30: «Il tempo non era sereno – racconta - c’erano velature con nubi abbastanza stratificate. Stavamo sentendo ormai da almeno cinque minuti il rumore di un aereo che girava sopra di noi. A un certo punto è uscito dalle nuvole e abbiamo visto la sagoma azzurro-blu di un jet. E ci siamo detti che probabilmente stava effettuando qualche esercitazione. Lo abbiamo seguito con lo sguardo, sarà stato cento metri sopra la nostra testa, spostato di una cinquantina verso il lago rispetto alla vetta. Sembrava che si fosse stabilizzato, quasi fermo».

Poi l’imprevisto: «All’improvviso ha puntato il muso in giù e ha iniziato a zig-zagare e noi ci siamo chiesti quale manovre stesso facendo. È arrivato a 50-100 metri in linea d’aria da noi. A meno di cinquanta dai nostri amici. Era poco sopra il punto in cui si congiungono i sentieri che salgono dai Roccoli Lorla e da Delebio. Si è nuovamente rifermato, è partita una fiammata dalla parte dietro, come se gli si fosse incendiata la coda, e ha iniziato ad avvitarsi su se stesso iniziando a cadere».

Gli ultimi istanti

La testimonianza di Sambruni avvalora quindi la tesi di chi ha parlato di fiamme che avvolgevano, o comunque partivano, dal velivolo: «Non appena il jet – prosegue - ha iniziato ad avvitarsi si è sganciato il cupolino e sono stati lanciati fuori i due piloti a una velocità pazzesca. Saranno stati sparati verso l’alto almeno di una ventina di metri. Abbiamo subito visto i due paracaduti bianco e arancioni aprirsi. In un attimo l’aereo è precipitato lungo la parete nord ed è sparito dalla nostra vista dietro le rocce. Abbiamo visto sganciarsi dal velivolo altri due paracaduti bianchi, piccoli, con agganciati della sorte di pacchettini, ipotizzo possa trattarsi delle scatole nere».

Dave Ashley e Giampaolo Goattin finiscono contro il fianco della montagna: «I piloti sono caduti lungo la stessa parete del velivolo, fossero caduti nel vallone di Premana, che dista una cinquantina di metri probabilmente non sarebbero finiti contro le rocce o in quel canalone. Abbiamo subito allertato il 112 e nel giro di tre minuti è arrivato un elicottero del 118, immagino da Sondrio. Dopo un po’ di tempo sono arrivati anche gli altri mezzi di soccorso».

Il gruppo di escursionisti ha seriamente rischiato di essere coinvolto: «Quando siamo arrivati alla croce avevamo l’adrenalina a mille, qualcuno aveva le gambe che gli tremavano per la tensione».

«La nostra fortuna - conclude - è che il velivolo non è esploso, altrimenti con lo spostamento dovuto il vuoto d’aria o il rischio che i frammenti ci potessero cadere addosso, forse non saremmo qui a raccontarlo». S.Sca.

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