Benzina, doppia beffa sul costo del pieno
«Lo Stato perde milioni, ora intervenga»

A Como si arriva a 1,99 euro al litro. Tanti vanno in Ticino: risparmio fino a 23 cent - Maroni (benzinai): «I cali di vendite arrivano al 30% anche per accise e Iva. I prezzi? Imposti»

A Como un litro di benzina, in alcuni distributori, è a un passo dalla soglia psicologica dei 2 euro e, per ora, è arrivato a quota 1,99. Questo significa, rispetto a Chiasso, anche 16 centesimi in più al litro, che salgono a 23 rispetto al costo più basso applicato a Pizzamiglio.

Con la beffa che il misero sconto di 2 centesimi al litro è stato tolto perché, secondo le medie effettuate da monitoraggi fatti dalle due parti del confine, la differenza di prezzo non raggiunge i 5 centesimi. Un paradosso visto che solo nel capoluogo il differenziale è il quadruplo della soglia base che farebbe scattare lo sconto.

Numeri, quelli di Como città, che stanno portando alla ripresa del pendolarismo del pieno e, contestualmente, a mancati incassi per i gestori italiani, ma anche per lo Stato che, su ogni litro di carburante, incamera l’Iva e le accise.

«La situazione è molto pesante - spiega Daniela Maroni , “mamma” della carta sconto benzina e presidente provinciale Figisc Confcommercio e vice presidente nazionale - e per prima cosa va chiarito che il prezzo del carburante viene sempre definito dalle compagnie petrolifere. Per Como la questione è particolarmente difficile poiché in città non ci sono grande distribuzione e retisti. In questi casi (basta guardare a Cantù o Fino Mornasco, per fare due esempi, ndr) le compagnie, per non perdere l’erogato applicano prezzi più bassi e uguali a retisti e grande distribuzione».

Maroni spiega che in Italia la rete «ha un margine lordo al metro cubo da 30 a 35 euro, la grande distribuzione extra rete da 200 a 320-340 euro al metro cubo» e che, quindi, «avendo questa possibilità di giocare sul margine, la grande distribuzione abbassa i prezzi e, questo, costringe le compagnie ad intervenire in quelle aree. Questo, però, si traduce in qualche modo in una concorrenza sleale poiché non tutti gli impianti ne beneficiano. I gestori di Como città sono quelli che soffrono di più perché ad ogni scarico di carburante investono un capitale maggiore per l’acquisto a fronte di un margine di guadagno sempre uguali e, in più, si vedono additati come quelli che hanno prezzi più alti senza poter far nulla e, non da ultimo, si vedono ridurre l’erogato poiché la gente va dove è più conveniente e, quindi, verso Cantù o in Svizzera».

E più cittadini varcano il confine, minori sono le entrate per lo Stato. «La carta sconto - prosegue la referente dei benzinai - era nata proprio per tenere in Italia milioni di euro in accise e Iva. Adesso, tra pandemia, auto ibride e pendolarismo verso la Svizzera, si registrano cali di vendite fino al 30%. Che, oltre per i gestori, vuol dire introiti per lo Stato regalati alla Svizzera. Ecco perché è il Governo a dover intervenire».

Grossi punti interrogativi arrivano anche dai monitoraggi che determinano il superamento o meno della soglia dei 5 centesimi. «Quello effettuato dall’ambasciata italiana a Berna è viziato dal cambio molto oscillante, ma anche dal fatto che sugli otto impianti monitorati due sono chiusi e non sono neanche vicino al confine. A Lugano vado a fare una passeggiata, non certo a fare benzina se sono di Como. Il monitoraggio deve essere fatto in modo equo». Su quello dei costi in Italia, che si basa sui dati comunicati dai gestori al ministero dello Sviluppo economico, «non è dato sapere come vengano calcolati».

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