Abuso d’ufficio da rivedere, la riforma più attesa: «Reato da abolire, si governa meglio»

Il dibattito Il presidente di Anci Lombardia Mauro Guerra raccoglie la proposta della premier: «Non possiamo rispondere di tutto». L’avvocato: «Eliminarlo? Meno processi e spese inutili»

Piace un po’ a tutti la proposta di “rivedere” la formula del reato di abuso d’ufficio, rilanciata dal ministro Carlo Nordio e dalla premier Giorgia Meloni davanti alla platea dei sindaci riuniti con l’Anci a Bergamo nei giorni scorsi. È un tema che torna alla ribalta ciclicamente, come dimostra il fatto che l’articolo che lo sanziona, il 323 del Codice penale – quello che sembrerebbe indurre la cosiddetta “paura della firma” - sia stato ritoccato almeno cinque volte negli ultimi 32 anni.

Cosa dicono i numeri

Benché i confini del reato siano ormai parecchio più definiti che in passato (come ricorda il presidente della Camera penale di Como Edoardo Pacia occorre che si provi il “doppio dolo”, cioè che coesistano l’intenzione di commettere il reato e l’effettiva realizzazione di un vantaggio patrimoniale o di un danno a carico di terzi), i dati dell’Anci ci dicono che il 60% dei sindaci iscritti per abuso d’ufficio sul registro degli indagati finiscono pr essere direttamente prosciolti dai pm in fase di indagine; un ulteriore 20% finisce in archivio dopo essere transitato dalla scrivania di un gup mentre un ulteriore 20% va a dibattimento con condanne definitive nel 2% dei casi. Da Attilio Fontanaa Virginia Raggi fino a Chiara Appendino(tutti scagionati), i casi “celebri” sono parecchi, per non dire del nostro Mario Lucini, che tornerà a giorni davanti alla corte d’Appello per il noto caso delle paratie essendo peraltro stato già assolto dal reato di abuso d’ufficio: «Sia chiaro – dice Mauro Guerra, sindaco di Tremezzina nonché presidente di Anci Lombardia -, non vogliamo trattamenti di favore, immunità o impunità. Chiediamo che le fattispecie perseguibili siano chiare, delimitate, non generiche e quindi aperte ad una applicazione troppo discrezionale soprattutto nella fase di avvio delle indagini. Questa chiarezza nella definizione delle responsabilità deve essere adeguata non solo in materia di abuso d’ufficio, ma in via generale in campo penale, erariale, amministrativo. I sindaci non possono essere chiamati a rispondere di tutto ciò che accade nel territorio del loro Comune, anche per accadimenti rispetto ai quali non hanno né competenze dirette né poteri e strumenti, e nemmeno oggettive e soggettive possibilità di prevenzione e/o intervento».

A Guerra fa eco Veronica Airoldi, sindaco uscente di Erba: «La proposta è condivisibile. Tra i tanti ruoli amministrativi e istituzionali, quello del sindaco è senz’altro il più “solitario”: sulle spalle di un sindaco ricadono molte più responsabilità. Poi, certo io sono stata un sindaco fortunato: a Erba lavorano ottimi dirigenti, prudenti e propositivi». Non per tutti è così.

Parola d’ordine: semplificare

«Si tratta di una fattispecie di reato soggetta a una tale serie di presupposti - dice l’avvocato Pacia - che non stupisce che siano rarissimi i casi di condanna definitiva. Giusto mettervi mano, magari anche eliminando del tutto il reato, così evitando processi e spese inutili. Va detto che, spesso, questi procedimenti sono nati anche dal fatto che la normativa amministrativa è, per lo più, una sorta di giungla inestricabile, attraversata da amministratori del tutto privi di competenze specifiche. Sarebbe, quindi, fondamentale accompagnare un intervento abolitivo con altri di semplificazione della normativa amministrativa e con una formazione maggiore cui dovrebbero sottoporsi i pubblici amministratori. Naturalmente, comunque, già c’è e deve restare lo spazio per la responsabilità contabile, laddove la condotta dell’amministratore sia tale da arrecare danno, anche solo per colpa, alla collettività».

© RIPRODUZIONE RISERVATA