Calunnia i poliziotti per difendersi nel processo in Corte d’Assise. Le accuse dell’omicida sono archiviate

L’inchiesta Partecipò al delitto Deiana: minacce degli agenti a mia moglie per estorcerle falsità. Gli accertamenti della Procura escludono abusi. «Denuncia surreale e del tutto inverosimile»

L’investigatore privato che l’estate scorsa è stato definitivamente condannato a 22 anni di carcere, per aver partecipato all’omicidio di Antonio Deiana - ammazzato a coltellate e poi sepolto in una cantina di Cinisello Balsamo - rischia di ritrovarsi accusato ora anche di calunnia. Dopo che la Procura di Como ha chiesto e ottenuto l’archiviazione della denuncia presentata nei confronti di due investigatori della squadra mobile di Como.

Le accuse inventate

L’investigatore in questione si chiama Nello Placido, è monzese, ha 48 anni e nel 2012 era presente insieme a un’altra persona - Luca Sanfilippo, condannato 18 anni - quando il comasco Antonio Deiana venne ucciso a coltellate per potergli “rubare” una partita di droga e il corpo fatto sparire sotto una soletta di cemento.

Nel 2018, sei anni dopo il delitto, un uomo si era presentato a un poliziotto per togliersi un peso sulla coscienza e raccontare di aver saputo che nella cantina di Luca Sanfilippo, pregiudicato di Cinisello Balsamo, era sepolto il corpo di Deiana. E che a ucciderlo, oltre a Saniflippo, era stato un secondo uomo di cui lui non conosceva però l’identità. Quell’identità è emersa successivamente: dalla confessione di Sanfilippo, e dalle rivelazioni della moglie dello stesso investigatore privato che finì per accusare il marito. Sia nel corso di una chiacchierata con un’amica, intercettata dagli agenti della squadra mobile, sia nel corso di numerose “sommarie informazioni testimoniali” rese in Questura a Como.

Nel 2019, all’improvviso, il cambio di rotta. La donna fa dietrofront su tutto, dice che il marito è assolutamente innocente e accusa due investigatori della polizia di averla costretta a confessare. In particolare la donna avrebbe detto di essere stata sottoposta a pressioni: l’avrebbero minacciata di toglierle il figlio; uno degli investigatori avrebbe approfittato del fatto che lei si fosse invaghita di lui; addirittura quando ha confermato tutte le sue dichiarazioni anche davanti a un magistrato, a detto di averlo fatto perché lì presente c’era uno dei poliziotti sul quale aveva puntato il dito e che aveva notato che il pubblico ministero era «in confidenza» con l’ufficiale di polizia giudiziaria.

L’archiviazione

Per la Procura di Como non c’è alcun dubbio: si tratta di denunce e accuse surreali e del tutto inventate. Tanto che la stessa donna è già stata condannata a due anni per calunnia nei confronti degli stessi poliziotti.

In occasione del processo d’appello ci aveva pensato lo stesso Nello Placido a presentare una denuncia formale contro gli investigatori. Ora che quella querela è andata in archiviazione, pure lui - che sta scontando i suoi 22 anni di carcere per omicidio volontario - rischia di fare la stessa fine della moglie.

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