Camping “No stress”, è scaduto l’ultimatum per la chiusura. Ma gli ospiti non hanno alternative

Il caso Ieri Palazzo Cernezzi ha invitato i “residenti” a rivolgersi ai Comuni di provenienza. Resta il nodo della sicurezza delle casette e quello dell’allacciamento alla rete del gas

«Stante il disposto divieto di immediata cessazione dell’attività (sic!) di codesta struttura ricettiva, ai sensi dell’ordinanza» ecc ecc, «si invita a dare opportuna comunicazione alle persone attualmente presenti all’interno di codesto camping, possibilmente con affissione di avviso in bacheca, di rivolgersi propri Comuni di residenza per eventuali richieste di sostegno atte a fronteggiare il problema abitativo emergente».

La situazione degli ospiti

Si fa sempre più complicata la situazione degli ospiti del campeggio “No stress” di via Cecilio, al cui gestore il Comune aveva ordinato nei giorni scorsi di chiudere, per una serie di carenze gravi nelle modalità di conduzione della attività.

L’amministrazione comunale ieri ha invitato gli ospiti - una cinquantina di persone in tuto - a rivolgersi al proprio Comune di residenza per trovare una soluzione alternativa. I servizi sociali di Palazzo Cernezzi hanno spiegato, leggi alla mano, di essere disponibili a offrire una soluzione ai soli residenti nel Comune capoluogo: ieri, per esempio, hanno offerto a due ospiti del camping, entrambi residenti nel Comune capoluogo, l’alternativa di un letto al dormitorio di via Napoleona. La situazione, come noto, è piuttosto critica.

Gli attuali gestori hanno ricevuto, l’altroieri, un invito ad “ottemperare” all’obbligo di chiudere entro le successive 24 ore. Questo - hanno chiarito ieri fonti vicine all’amministrazione - benché sia escluso il rischio di sgomberi forzati. Del resto la situazione è ben chiara a tutti: al netto delle irregolarità (per dire: gli attuali gestori non sarebbero i titolari della licenza), il campeggio ospita nelle sue casette (bungalow?) una cinquantina di ospiti fissi - quindi non turisti di passaggio - che per potervi risiedere hanno sottoscritto una sorta di contratto, anticipando un deposito a mo’ di cauzione e una mensilità, salvo poi garantire - così raccontano - almeno quattro mesi, appena di vedersi conteggiare una tariffa da campeggiatore, e pertanto giornaliera. Gli ospiti - adulti ma anche famiglie con figli minori oppure adulti con problemi di disabilità - sono qui semplicemente per mancanza di risorse: il profilo tipico è quello del disoccupato che abbia infine trovato un impiego ma soltanto a tempo determinato. L’indisponibilità di un contratto definitivo gli impedisce di stipulare un contratto d’affitto per una abitazione, quella che magari gli avrebbe dato anche la possibilità di ottenere la residenza, con il paradosso che senza residenza anche il contratto a tempo indeterminato diventa impossibile.

Restare? Un pericolo

Insomma il campeggio ci mette una pezza. Chiuderlo significa farsi carico di ospiti che un piano B non ce l’hanno.

Per capire cosa accadrà bisognerà aspettare ancora. Di sicuro le casette rappresentano un rischio, quantomeno stanti le relazioni dei vigili del fuoco intervenuti dopo l’avvelenamento da monossido che aveva comportato il ricovero di un ospite. Continuare ad abitarci è pericoloso.

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