Como, l’asilo Sant’Elia fu chiuso tre anni e mezzo fa. Nel frattempo nessuna riapertura, solo errori e ritardi

Il caso Chiuso nel giugno del 2019 e mai riaperto. Oggi il Comune conta i danni e progetta la ripartenza. Sullo sfondo un quesito: giusto usarlo come scuola?

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Sono trascorsi oltre tre anni e mezzo dalla chiusura dell’asilo Sant’Elia di via Alciato, opera – come noto – dell’architetto razionalista Giuseppe Terragni. Era il giugno del 2019 quando l’amministrazione si risolse a trasferire i bambini in altra sede (la Severino Gobbi di via Viganò) con l’intenzione di procedere al rifacimento dei controsoffitti, di adeguare l’impianto antincendio e di risolvere una volta per tutte il problema della copertura delle vetrate, che da sempre fanno di questo asilo una fornace nei mesi caldi e un frigidaire in quelli invernali.

La situazione

Il reset conseguito al cambio di amministrazione ha permesso, abbastanza tipicamente, di fare tabula rasa dei precedenti annunci, delle precedenti promesse e dei vari “cronoprogrammi”, peraltro in parte sconfessati già prima dell’avvento di Rapinese and co., se è vero, come è vero, che i lavori, nelle intenzioni iniziali, avrebbero dovuto concludersi prima entro la Pasqua 2020 e poi, in virtù di un successivo annuncio, entro un mese imprecisato del 2023. Oggi l’asilo è lì nelle stesse condizioni di tre anni fa (le immagini di Andrea Butti pubblicate qui accanto consentono anche di apprezzare le condizioni della copertura), anche se il mancato suo impiego gli conferisce un’aura un po’ delabré, la stessa che accomuna tutte le strutture abbandonate, e per questo più rapide a invecchiare.

Ieri l’assessore alla Cultura Enrico Colombo ha fornito un aggiornamento sullo stato dell’arte, confermando anche che i primi interventi successivi alla chiusura del 2019, e prima che il cantiere fosse sospeso sine die, provocarono danni ai vetri e agli infissi: «Con il collega Ciabattoni (delega ai Lavori pubblici, ndr) abbiamo chiesto agli uffici di verificare l’entità di quei danni, riservandoci la possibilità di pretendere un risarcimento dalla ditta che a suo tempo eseguì l’intervento. Una volta esaurita questa fase di indagine, ripartiremo stabilendo un percorso condiviso con la Soprintendenza».

Restano, sollevati da più parti, una serie di dubbi concernenti l’opportunità di mantenere l’asilo “trasparente” nella sua attuale funzione: proprio nei mesi di poco successivi alla chiusura, un comitato presieduto dall’architetto Attilio Terragni, pronipote del progettista, dal collega Luigi Brambilla e da Roberta Lietti (che avrebbe poi curato nell’autunno del 2020 la mostra dedicata in Pinacoteca agli arredi dell’asilo), ipotizzò di rinunciare all’idea di mantenere una scuola materna tra le mura di un edificio incompatibile con i parametri di sicurezza attuali, se non a rischio di stravolgimenti che, si disse, lo avrebbero irrimediabilmente danneggiato.

Un edificio pubblico?

Si pensava di farne un edificio pubblico a tutti gli effetti, uno spazio a disposizione di architetti e di studiosi di pedagogia, in ossequio alla sua funzione originaria, ma anche di quell’ipotesi, da allora, non si è più fatta menzione: «La nostra volontà - continua Colombo - è quella di restituirlo alla sua funzione originale. Vorremmo cioè che l’asilo Sant’Elia restasse un polo scolastico. Ma siamo comunque disponibili ad ascoltare tutte le campane».

La speranza è che suonino al più presto, e che l’asilo possa riaprire, in una veste o in un’altra. Questa è una città in cui gli edifici chiudono in fretta. Poi per rimetterli in sesto non bastano dieci anni (dal Politeama ai musei, gli esempi sono parecchi).

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