Coronavirus: guarito o contagioso?
I dubbi senza risposta di chi è a casa

Nella maggior parte dei casi non viene fatto il tampone dopo il periodo di isolamento. Il medico: «Impossibile dire se una persona può uscire e lavorare. Servono test sierologici»

Niente tamponi per le persone a casa. Ma così è impossibile sapere se la guarigione è completa oppure si è ancora contagiosi. Non passa giorno ormai senza che un comasco non se ne lamenti - comprensibilmente - eppure poco è cambiato, finora. Passati i sintomi più acuti, ci si chiede se è possibile tornare a vedere i proprio familiari, oppure a lavorare, ma la risposta non c’è. E la svolta, secondo gli esperti, arriverà non prima di un mese, quando verranno effettuati i test immunologici, più “precisi” del tampone.

Intanto, non sono solo i comuni cittadini ma anche gli addetti ai lavori a chiedere con forza un aumento dei controlli per le persone che, con ogni probabilità, hanno affrontato e superato la malattia da soli tra le mura domestiche. Avere la certezza di una piena guarigione è un diritto ma è anche un dovere - sottolineano gli esperti - perché senza certezze uscendo dalla porta di casa si rischia di infettare conoscenti e colleghi.

C’è chi ha chiesto un aiuto al medico di famiglia, che però non ha armi, visto che a disposizione ci sono appena 50 tamponi alla settimana per il territorio provinciale, e allora si è rivolti direttamente all’Ats, via email e telefonicamente, ma senza risultati.

Avere la garanzia della guarigione è un passaggio chiave per arrivare pronti alla cosiddetta “fase due”. Un ritorno per gradi alla normalità.

Ma ancora non c’è chiarezza, basti pensare che la quarantena sino ad oggi è durata due settimane (il paziente poteva considerarsi guarito se per 14 giorni consecutivi non aveva registrato sintomi come febbre e tosse) ma ora la Regione ha esteso questo termine a 28 giorni, dopo aver scoperto casi di persone ancora contagiose a distanza di quattro settimane o più.

I medici senza “armi”

Sul territorio lombardo i tamponi negli ultimi giorni stanno aumentando, va detto, ma non abbastanza. Secondo il virologo Roberto Burioni 9mila tamponi in tutta la Lombardia sono «niente». Fino ad ora è stata data la precedenza agli operatori sanitari. Solo di recente sono arrivati i tamponi in maniera più sistematica per gli ospiti delle Rsa visto lo spaventoso numero di casi positivi non noti e, purtroppo, di decessi. Dalla scorsa settimana a Como i medici di base possono chiedere il tampone per i loro assisti negli ambulatori di via Castelnuovo, ma i test a disposizione come detto sono pochissimi.

«Viviamo in un limbo – spiega Giovanna Scienza, medico e vicepresidente della cooperativa Medici Insubria – La gente deve tornare a lavorare, ma noi non abbiamo la possibilità di certificarne la guarigione. Tra l’altro i tamponi si sono dimostrati largamente inattendibili, solo il 75% è affidabile. Abbiamo casi di persone in condizioni gravi risultate negative, oppure casi rimasti positivi molto a lungo, anche ben dopo le due canoniche settimane di quarantena senza sintomi. Ecco perché la Regione ha prolungato il periodo di isolamento a 28 giorni. Comunque sino ad ora i tamponi sono andati prima ai medici e ai sanitari, poi alle Rsa. Per i cittadini comaschi in via di guarigione 50 tamponi a settimana sono davvero pochi. Ma non credo ne arriveranno di più. Perché il tampone non è la chiave per la ripartenza».

Bisogna aspettare ancora

Molto meglio, questa è la tesi, il test rapido del sangue per capire se le persone hanno sviluppato degli anticorpi. Ma anche di questi test per ora non c’è traccia. «Ne esistono di diversi tipi – dice la dottoressa – uno più immediato ed uno più classico su cui la Regione ha puntato. I colleghi del San Matteo di Pavia hanno lavorato bene e velocemente e hanno raggiunto una validazione. Secondo gli esperti però prima di attrezzare i laboratori, prima di avere una buona produzione e poi una distribuzione capillare bisognerà attendere almeno maggio. Perciò per il momento questo limbo durerà, i “quasi guariti” non sapranno con certezza se sono guariti per davvero». La Regione ieri ha annunciato che inizierà a effettuarli il 21 aprile solo per gli operatori sanitari e i cittadini che devono tornare al lavoro nelle province di Bergamo, Brescia, Cremona e Lodi.

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