Dall’elisoccorso a medico di famiglia. La storia di chi è fuggito dal mondo dell’emergenza

Sanità Un anestesista del Sant’Anna di 52 anni tra i 400 che hanno partecipato al test ad Assago. Massimo Gavezzotti: «Il lavoro per gli ospedalieri è diventato drammatico. La fatica si sente»

Lavorare in ospedale e nell’emergenza urgenza è troppo faticoso, meglio fare il medico di base.

Al concorso per diventare medico di medicina generale non si sono presentati solo giovani studenti freschi di laurea, ma anche diversi specialisti con alle spalle una lunga esperienza in reparto, intenzionati a cambiare la loro carriera perché stanchi del carico di lavoro e dei turni di notte.

Turni massacranti

«Sì ho fatto anche io il test - racconta Massimo Gavezzotti, 53 anni – io sono un anestesista, da vent’anni in forze al Sant’Anna. Oltre che in reparto sono impegnato anche sul territorio, con Areu e il 118. Io come tanti colleghi stiamo valutando altre strade, del resto il lavoro negli ultimi tempi per gli ospedalieri è diventato drammatico. Ci sono i turni la notte, le uscite con le auto mediche e l’emergenza urgenza che sotto organico, oltre che sotto costo, non offre prestazioni che rispondano ai bisogni dei cittadini. Dopo tanti anni la fatica si fa sentire».

A Milano, al forum di Assago, la scorsa settimana si sono presentati 444 camici bianchi per diventare medico di famiglia e frequentare il corso. Le registrazioni erano 647, in molti hanno dato buca. Comunque i posti a disposizione sono 464, quindi in teoria tutti i candidati verranno ammessi.

«Dovrebbe essere andata bene – dice ancora Gavezzotti – insieme a me al concorso c’erano tanti colleghi oltre i 40 anni. Non solo giovani studenti, ma professionisti che vogliono uscire dal sistema ospedaliero. Non voglio dire che la medicina di base è più facile e comoda, farei arrabbiare tutti i medici di famiglia. Però è vero che ha un carico diverso, meno stressante. C’è forse più burocrazia, ma c’è anche più rapporto diretto con il paziente, più vicinanza. E meno ore in emergenza la notte».

Futuro a tinte fosche

Fare montagne di ricette nel proprio ambulatorio, questo è uno dei principali compiti del medico di base. Al contrario Gavezzotti da giovane studente si era dedicato al mondo del soccorso in ambulanza, all’emergenza, questa era la vocazione che ha indirizzato la sua carriera come medico.

«In ospedale o sul territorio io temo che tutta la classe medica in questi anni si stata spremuta fino all’osso – dice ancora l’anestesista – siamo pochi, per dei bisogni di cura troppo numerosi. Non voglio essere pessimista, ma temo che il problema nei prossimi anni si aggraverà. Il numero chiuso alle facoltà di medicina non ha certo aiutato. Ai miei tempi entravano in pochissimi e adesso il risultato si vede. Peraltro ancora il tetto alle matricole non è stato abolito». L’alternativa per i medici comaschi è guardare alla Svizzera, oppure al privato. «Io non ho mai voluto prendere in considerazione le offerte in Svizzera – spiega Gavezzotti – per ragioni personali e perché non credo che oltre frontiera regalino stipendi generosi senza nulla chiedere. Ho visto parecchi colleghi in questi anni tentare la fortuna in Ticino e poi tornare indietro».

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