Denuncia irregolarità in una ricerca dell’Insubria e finisce nel mirino di corvi e diffamatori: un calvario durato oltre 10 anni

L’inchiesta Ricercatore vince l’ennesima causa penale contro chi lo ha messo nel mirino. Dopo aver sollevato dubbi su uno studio scientifico fu preso di mira dai colleghi. L’ateneo lo isola, ma 11 anni dopo ammette: ha ragione

Querele, corvi, accuse di calunnia e di diffamazione, anni di mobbing. Una recente sentenza della corte di Cassazione riaccende i riflettori su una spinosissima vicenda che coinvolge uno studio redatto sotto l’egida del Comitato etico-scientifico dell’università dell’Insubria e dell’ospedale di Circolo, studio sul quale pendono dubbi (peraltro in parte certificati da una commissione nominata dall’Ateneo stesso) e accuse di «disonestà scientifica». Contestazioni mosse da un ricercatore dell’università di Como e Varese, che per questo motivo è finito nel mirino di alcuni colleghi (e pure di una commissione di disciplina dell’Insubria) in una vicenda che si protrae da oltre dieci anni, sfociata in almeno sei procedimenti penali e che ha finito per spinge la Procura a procedere a una serie di intercettazioni.

La sentenza della Cassazione

Partiamo dal fondo, ovvero dall’assoluzione definitiva di Vittorio Mantovani, cardiochirurgo dell’ospedale di Circolo di Varese e ricercatore dell’università dell’Insubria, accusato dal collega Giovanni Mariscalco di diffamazione, per una serie di mail nelle quali si sottolineava come i dati alla base dello studio scientifico pubblicato nel giugno 2006 sulla rivista scientifica “The Journal of Thoracic and Cardiovascular Surgery” sarebbero stati «basato su dati manipolati e/o costruiti». Assoluzione che segue, di pochi mesi, una sentenza del tutto identica su una querela mossa da un altro collega del ricercatore dell’Insubria finito sotto accusa, il dottor Andrea Sala, .

Una vicenda per certi versi inquietante perché – come ha evidenziato anche un’indagine della squadra mobile e della Procura – contro il dottor Mantovani si è scatenata una ritorsione clamorosa (con tanto di discussioni – intercettate dalla Procura - tra i colleghi su come farlo licenziare e creargli guai penali) per aver osato mettere in dubbio una pubblicazione scientifica tuttora regolarmente citata come affidabile, a dispetto delle conclusioni a cui – undici anni più tardi – è arrivata la commissione d’indagine interna all’ateneo.

La denuncia del medico: «In quella ricerca ci sono dati falsificati». Da quel momento sono cominciate le ritorsioni

La ricerca sotto accusa porta la firma - tra gli altri – proprio del dottor Giovanni Mariscalco, per anni docente dell’Insubria, e del dottor Andrea Sala, già ordinario della stessa università. Dalla ricerca venne tenuto fuori Mantovani che, nel 2009, scopre un dettaglio di quella pubblicazione che non lo convince. Nel 2011 arriva alla conclusione che alcuni dati sarebbero stati falsificati, in particolare sul numero dei pazienti coinvolti nello studio e sulla cosiddetta randomizzazione, che conferisce maggiore forza agli studi come quello sulla fibrillazione atriale svolto in seno all’università dell’Insubria in collaborazione con l’università di Umea, in Svezia.

Le accuse del corvo

Mantovani invia contestazioni formali sia al suo ateneo che verso la Svezia. Quest’ultima università conclude l’indagine sottolineando come «non sussistono motivi per sospettare la disonestà scientifica», anche grazie a una serie di rassicurazioni inviate dall’allora primario di cardiochirurgia dell’ospedale di Circolo di Varese nonché direttore della scuola di specialità dell’Insubria, il professor Cesare Beghi. Peccato che Mariscalco fosse intercettato, a quell’epoca. E che «dalle intercettazioni – scrivono i magistrati - risulta chiaro che la lettera scritta dal primario Beghi con la quale vengono fornire rassicurazioni» all’università di Umea «venne scritta unitamente a Mariscalco. Pertanto la genuinità della ricerca sarebbe stata avvallata dal primario ma scritta assieme proprio alla persona sulla quale gravano i sospetti di falsità».

Un corvo lo accusa della morte di una paziente: «Guarda caso dopo il putiferio scatenato a seguito delle segnalazioni fatte»

Nel frattempo in Procura giunge una lettera anonima (non si scoprirà mai l’autore, da qui l’archiviazione delle accuse di calunnia) che imputa al dottor Mantovani di aver causato la morte di una paziente. Alla figlia della paziente arriveranno anche due plichi anonimi, con tanto di cartelle cliniche, in cui si accusa il chirurgo. Autore di questi ultimi invii è proprio – per sua stessa ammissione - Mariscalco: «Guarda caso», si legge nell’atto della Procura (che archivierà per assenza di denuncia di diffamazione da parte di Mantovani), le accuse giungono «dopo il putiferio scatenato a seguito delle segnalazioni fatte» sulla famosa ricerca. Il corvo, insomma, scrisse solo «per screditare» il collega. Sulla ricerca, dopo una stagione d’inferno per il denunciante, e dopo tentennamenti da parte del Senato accademico dell’Insubria, arriva finalmente anche un’inchiesta interna dell’università. La commissione conclude esprimendo «dubbi sulla raccolta dei dati e sulla piena correttezza dell’analisi effettuata».

Ora l’ultima assoluzione in Cassazione sulla denuncia per diffamazione, sembra mettere la parola fine a un intrigo medico scientifico dal quale il mondo dell’ateneo non ne esce in modo particolarmente brillante.

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