Emigrazione giovanile, la parola ai diplomati comaschi: «Como non ci vuole, siamo andati via»

Il dibattito Gli ex liceali comasco confermano le accuse: «Ci sono pochissimi motivi di attrazione per i ragazzi. Altrove si pensa alle nuove generazioni, qui alle panchine»

Basta provare a chiamare i ragazzi comaschi che si sono diplomati cinque anni fa e che facevano i rappresentanti nei vari istituti superiori della città, per scoprire che la maggioranza di loro ha già lasciato Como.

Dopo la denuncia del gruppo FuoriFuoco, che in una lettera aperta alla città ha sottolineato le poche opportunità e i i pochi spazi offerti ai giovani (sabato sera, dopo una proiezione in un locale con tutti i permessi in regola, è iniziato verso le nove un concerto e il vicinato ha chiamato la polizia lamentando il disturbo della quiete pubblica), ecco le prime conferme su una città non propriamente a misura di ragazzo.

Leggi anche

«Io sono andato ad abitare a Bologna, sabato sono tornato a Como ed ero presente all’evento di FuoriFuoco – spiega Tommaso Imperiali, un giovane studente e musicista – Ho sottoscritto la lettera. Assicuro, era una serata tranquilla, era molto presto. È triste immaginare che qualche vicino per così poco abbia chiamato la polizia. Sarebbe ancor più triste se gli agenti fossero intervenuti da soli. È vero: Como non è attrattiva per i giovani. I giovani sono una minoranza e sono trattati con fastidio dagli adulti. Adulti che non hanno voglia di vivere, non escono la sera, non si interessano. La città manca di eventi e offerte culturali. Lo noto bene ora che mi sono trasferito, qui anche gli anziani bolognesi sanno divertirsi». L’intrattenimento crea relazioni e opportunità.

Una città che esclude

«Vivo e lavoro a Padova – dice Camilla Pizzi, ex liceale al Giovio – penso anch’io che Como sia poco attrattiva per i giovani. Il tema è attualissimo. Purtroppo i giovani messi ai margini se ne vanno, la città si svuota e si finisce per avere sempre meno possibilità. Ci sono stati in passato tentativi di svecchiare Como, ma sono stati smontati. Le associazioni non hanno sedi, perfino i miei scout sono stati sfrattati dalla fatiscente vecchia scuola di via Binda, che è ancora lì vuota. La città esclude, esclude la socialità. E così finiamo per coltivare le nostre relazioni altrove». E altrove questi ragazzi si trasferiscono.

«Ho studiato a Trieste e ora lavoro a Milano – dice Isacco Gavazzi, diplomato a Como nel 2016 - Ogni tanto torno e la situazione è disastrosa. Anche chi ama la dimensione provinciale non ha il minimo indispensabile per godere della città. Ogni mezzo locale che apre arriva la polizia. Restano due o tre posti, i più fortunati sono quelli isolati. Altrimenti ci sono due piazze con chiassose schiere di ragazzini. Il resto della città è al buio e in silenzio. E non si dica che è solo una questione di cosa fare la sera. Se Como non pensa alle future generazione i giovani programmeranno il loro futuro a Torino o a Bologna. Invece purtroppo i comaschi continuano a fare grandi dibattiti sulle panchine da installare in viale Geno».

Relazioni fallimentari

«Abito a Torino e la penso come i ragazzi di FuoriFuoco – racconta Lorenzo Baldino – negli anni Como ha disinvestito sui giovani. Quello che è accaduto sabato sera è solo il prodotto. Ho lasciato la mia città perché offriva poche opportunità. Non è un mito, è un fatto. Il rapporto tra giovani e anziani residenti è spostato verso i secondi. La socialità non è solo uscire a bere la birra la sera. Significa costruire una rete, relazioni, possibilità. E a me tolti i bar non viene in mente un luogo dedicato ai giovani dove ci si possa incontrare in santa pace».

© RIPRODUZIONE RISERVATA