“Emorragia” di lavoratori verso la Svizzera, una soluzione coi ristorni: «Bene gli incentivi ma tutelare i Comuni»

Il dibattito Riscuote consensi la proposta di Sertori. Perplessità dai sindaci: «Garantire i servizi di comunità»

Ha riscosso consensi la proposta dell’assessore regionale agli enti locali - con delega ai Rapporti con la vicina Confederazione Elvetica - Massimo Sertori e del neo ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti (il cui collegio elettorale comprende anche un buon numero di Comuni del lago e delle valli adiacenti) di utilizzare i ristorni quale incentivo per il territorio finalizzato ad arginare l’esodo di lavoratori verso la Svizzera.

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Esodo che ha portato al 30 settembre scorso i permessi “G” attivi in Canton Ticino a un’incollatura da quota 78 mila, con un rotondo +4,2% su base annua. Con una premessa e cioè che in base ai contenuti del nuovo accordo fiscale i ristorni (97 milioni di franchi l’ultimo assegno staccato dalla Svizzera all’Italia) sono garantiti sino al 2033, con i Comuni di confine che hanno chiesto di non derogare - dentro il nuovo accordo - dal principio “non un euro di meno” rispetto alla granitica intesa, ancora in essere, datata 1974.

La prima sottolineatura alla notizia riportata ieri da “La Provincia” è arrivata di buon mattino da Massimo Coppia, segretario generale della Uil Fpl del Lario e Brianza, il quale ha perimetro i contorni di questa iniziativa dentro quell’indennità di confine di cui da tempo si parla sin qui senza applicazioni concrete.

«Come Uil Fpl Lario e Brianza abbiamo predisposto una raccolta firme per istituire l’indennità di confine allo scopo di incentivare il personale sanitario e socio sanitario dei nostri ospedali - ha affermato Massimo Coppia -. Per arginare questa emorragia di professionisti, occorre incentivare il personale, riconoscendo una quota di risorse aggiuntive e continuative. Siamo convinti che non si possa disperdere l’alta professionalità dei nostri operatori sanitari e socio sanitari. E nel congresso della Uil Fpl Lario e Brianza avevamo già indicato l’accordo italo svizzero sulla fiscalità dei frontalieri e la conseguente compensazione finanziaria a favore dei Comuni italiani (leggasi ristorni, ndr) quale leva per reperire le risorse necessarie».

Anche le parole di Andrea Puglia, responsabile frontalieri del sindacato ticinese Ocst, confermano che il tema è di stretta attualità: «I ristorni garantiti dall’accordo del ’74 e garantiti ancora per diversi anni sono vincolati a opere infrastrutturali ed una parte per le spese correnti dei Comuni. Un altro discorso riguarda invece il futuro gettito che arriverà dal nuovo accordo fiscale. Questi fondi potranno sicuramente essere impiegati in parte per misure attive finalizzate a voler trattenere il personale in Italia. Come sindacato crediamo però che debbano essere reinvestiti per gli stessi frontalieri in quanto quelli sono soldi che pagheranno i “nuovi” frontalieri”».

Infine il sindaco di Porlezza, Sergio Erculiani, il cui Municipio a fronte di 1122 frontalieri ha ricevuto per l’annualità 2020 - alla voce “ristorni” - ben 1 milione 376 mila 548,11 euro. «Ho apprezzato il pragmatismo del ministro Giancarlo Giorgetti, dimostrato anche durante la visita a Porlezza in campagna elettorale. E così ben venga una proposta che risolve un fenomeno comunque penalizzante per le imprese del nostro territorio quale è l’esodo pressoché continuo di lavoratori frontalieri verso il Ticino e la Svizzera. Ciò non toglie che il frontalierato ha un peso specifico molto rilevante dentro le dinamiche della nostra comunità. Analogo discorso vale per i colloqui avuti con l’assessore regionale Massimo Sertori. Intervenire sulla fiscalità dei lavoratori italiani è importante tanto quanto lo è non distogliere risorse dal territorio. I ristorni sono fondamentali se vogliamo continuare a garantire i servizi che eroghiamo alla comunità».

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