Energia e sanzioni
Arredo, a rischio
il mercato russo

La guerra in Ucraina. Pesanti le ricadute sul distretto brianzolo. Per alcune aziende l’export vale sino al 40% dei ricavi

La Russia, 9° Paese di destinazione per il macro sistema arredo italiano, vale 340 milioni all’anno per il comparto, secondo i dati del 2021, e l’export verso Mosca incide del 2,8% sul totale dell’esportazione.

«Tra il pubblico del Salone del Mobile di Milano - commenta Maria Porro, presidente - i clienti russi sono una percentuale attorno all’1,7% sul totale ma si tratta di visitatori molto importanti perché rappresentano un mercato che, dopo un momento di crisi, ora sta crescendo in modo significativo».

Il bilancio

Per alcune delle aziende dell’arredo classico e luxury l’export verso la Russia arriva anche al 40% del fatturato. I gusti dei clienti di Mosca sono però in evoluzione e si riscontra un crescente interesse anche per il moderno e il design.

«Su tutto però incombe la crisi per l’energia - continua Maria Porro - in particolare preoccupano le aziende i rincari per il gas, con un +40% che ha un impatto molto forte sulla produzione, oltre ai prezzi in crescita per le materie prime e la fatica nel reperimento che mettono in difficoltà la produzione dei pannelli. A questo si aggiunge il blocco dello spazio aereo e l’impossibilità di muoversi che per un settore fortemente internazionalizzato come il nostro pone grandi punti interrogativi, inoltre guardiamo con preoccupazione alle sanzioni».

L’ultimo grande appuntamento per il settore legno arredo italiano in Russia fu l’edizione dell’ottobre 2019 del Salone del Mobile di Milano a Mosca che si chiuse con un bilancio positivo generando ottimismo per il futuro delle relazioni commerciali. Le aziende italiane presenti erano 202 su un totale di 240. Oltre 19.000 gli operatori professionali intervenuti attratti dal made in Italy.

Una spinta all’internazionalizzazione che coinvolse 161 buyer dando vita a quasi 7mila incontri B2B con le aziende presenti a Mosca, tra quelle comasche Tabu, Annibale Colombo, Porada, Oak, Jumbo.

La rete commerciale

«Importante ma non decisivo per l’esistenza dell’azienda, il nostro export verso la Russia è inferiore al 5% sul totale - commenta Andrea Tagliabue, vicepresidente di Tabu - si tratta però di una parte di fatturato che si è consolidata nel tempo, lavoriamo con la Russia da più di un decennio. Abbiamo un distributore che rivende sul mercato locale con successo crescente e anche nel corso della pandemia il trend si è mantenuto positivo».

Il responsabile di area di Tabu in queste ore è in contatto con il distributore russo per cercare di capire come gestire la situazione: come molte altre aziende ci sono ordini in essere e si attraversa questo momento nella più totale incertezza. Prematura ogni previsione, certa solo una preoccupazione comune a tutti.

«Ritengo che, da un punto di vista economico, se la situazione non dovesse rientrare nel breve, coinvolgerà altri paesi su un’ampia scala con la conseguenza di una contrazione dei consumi estesa - aggiunge Tagliabue - questa potrebbe colpire tutti i produttori di beni non di prima necessità. Proprio come gran parte della manifattura italiana. I mercati sono tutti dei vasi comunicanti e dobbiamo sperare che questa situazione non ci porti indietro di una decina di anni».

L’impatto

L’impatto della situazione internazionale ricade su un mercato evoluto come non mai, globale e interconnesso, come spiega anche Luciano Colombo, ceo dell’azienda Annibale Colombo: «Il turnover del mercato di Mosca vale per la nostra realtà dal 20% al 40% e non riguarda il solo il mercato interno, ma anche vari clienti russi che hanno residenze all’estero in diverse località del mondo, dalla Costa Azzurra, a Miami, a Monaco».

Non c’è però solo Mosca suggerisce Liliana Ursu Pugnetti, consulente aziendale per l’internazionalizzazione delle imprese.

«Certamente le più esposte all’attuale crisi internazionale sono le imprese che esportano beni innovativi e know how - spiega - sarà cruciale capire quali sanzioni investiranno la Russia, oltre a quelle statali e legate al settore finanziario, ma sarebbe bene che l’export italiano cominciasse a guardare anche oltre. Ci sono paesi dell’Asia centrale che stanno crescendo e che rimangono aperti».

Kazakistan, Uzbekistan, Georgia, paesi lungo la “via della seta” che pare possano offrire opportunità sia come nuovi mercati per i prodotti del made in Italy sia come partner commerciali per il reperimento di materie prime.

«Si tratta di nazioni più reattive a una collaborazione con l’Europa - sostiene Liliana Ursu Pugnetti - e in questo momento costituiscono per le aziende italiane una opportunità di business».

Non solo per i prodotti alimentari, che sono gli apripista dei mercati, ma anche i servizi agro alimentari sono importanti per nazioni ancora in via di sviluppo che ricercano alta tecnologia e specialisti.

«Per le pmi italiane e comasche un’ottimo orizzonte dove poter crescere - conclude Pugnetti - e dove poter reperire materie prime a costi vantaggiosi».

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