I ladri inseguiti sui tetti del centro: chiusa l’inchiesta. L’accusa: due furti e uno tentato

Via Borsieri La Procura ha ricostruito i colpi messi a segno quel 3 gennaio. L’uomo che era caduto dal tetto è ancora in ospedale, l’altro in carcere

Juljan Bushi, albanese di 30 anni che la sera del 3 gennaio era precipitato dal quarto piano di un palazzo di via Borsieri, rimasto vivo per miracolo, rimane ricoverato all’ospedale Sant’Anna per i traumi rimediati in quel volo, quantificato in una decina di metri. Nel frattempo, tuttavia, la Procura di Como – con un atto a firma del pubblico ministero Antonio Nalesso – ha già chiuso le indagini sulla serie di furti (riusciti e tentati) che l’uomo, con il complice Marku Granit (28 anni, albanese) che era stato arrestato, aveva portato a termine nel giro di un solo pomeriggio nel centro della città.

Le accuse sono dunque state messe nero su bianco e sono anche state notificati agli avvocati della difesa (Christian Mazzeo del Foro di Como e Fabrizio Cardinali di quello di Novara) che ora avranno tre settimane di tempo per scegliere come difendersi. Le accuse parlano di furto in abitazione (due riusciti e uno tentato), di resistenza a pubblico ufficiale (in seguito al tentativo di scappare dagli agenti delle volanti e della squadra Mobile) e infine del possesso ingiustificato di chiavi e grimaldelli, quelli cioè che avevano usato (soprattutto un cacciavite di 32 centimetri) per entrare negli appartamenti svaligiati.

I due albanesi avevano fatto irruzione in una casa di via Torriani forzando la finestra della cucina e rubando un giubbotto nero e una camicia di marca, ma anche uno zaino. Mentre si trovavano all’interno di questo appartamento, erano stati sorpresi e messi in fuga dal proprietario iniziando quel tentativo di fuga (lungo in tetti del centro tra via Torriani e via Borsieri) concluso con la caduta di Bushi dal quarto piano. Il complice era stato fermato in precedenza.

Prima del furto in appartamento in via Torriani, ai due ladri la procura contesta anche il tentato furto in via Aldo Moro (in cui fu forzata una porta finestra, colpo sventato dall’arrivo del proprietario) e quello riuscito in via Dante, passando da una finestra del balcone: dalla casa scomparvero una catenina in argento e una in oro giallo con una medaglia rettangolare grande e una piccola con le iniziali di nascita di una residente. Nelle mani degli agenti della Questura era finita anche l’autovettura presa a noleggio «da un amico», aveva raccontato Granit al giudice delle indagini preliminari che lo interrogava, e che all’interno aveva anche oggetti che sono stati posti sotto sequestro.

La refurtiva

In realtà, la polizia aveva recuperato molti altri oggetti – compreso un anello con diamante, ma anche profumi, occhiali da sole, cellulari – che non sono evidentemente stati attribuiti a questi tre furti. Granit aveva anche fornito agli inquirenti una spiegazione delle modalità con cui agivano. Entrambi tenevano una radiolina ricetrasmittente – erano infatti state recuperate – che serviva a quello che faceva da palo, che rimaneva all’esterno, per avvisare il complice dell’arrivo di eventuali problemi oppure del rientro dei padroni di casa.

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