“Internet addiction”, una dipendenza come altre: «Io so cosa significa, parlatene anche con gli amici, è importante»

La storia Uno dei ragazzi coinvolti nel progetto della comunità Annunciata “Occhio a” racconta la propria storia di dipendenza: «Spero che questi video tornino utili ai miei coetanei. Non auguro a nessuno quello che ho vissuto»

Le insidie della Rete per molti adolescenti sono quotidianità, anche se troppo spesso la consapevolezza è veramente bassa. «C’è una ragazza che conosco nel mio paese – racconta uno dei partecipanti al progetto “Occhio a” – che è rimasta vittima di alcune dinamiche legate al mondo digitale. Stava con un ragazzo, erano entrambi minorenni, lei aveva sedici anni, e lui le ha chiesto di poterla filmare mentre si trovava in situazioni intime con lui». Tutto bene finché la relazione tra i due è finita. A quel punto le scene pensate per essere viste solo dal fidanzato hanno iniziato a girare, prima in chat di amici, poi in gruppi con più persone: «Il paese è piccolo: tutti sono venuti a conoscenza di che cosa aveva fatto, molti hanno visto quei video e lei è rimasta traumatizzata».

Quella raccontata è solo una delle tante storie che i ragazzi dell’Annunciata hanno raccolto per realizzare la serie che uscirà a giugno su Youtube: non tutte sono finite nei video, ma certo sono rimaste impresse nella loro mente. Ciò che sorprende, ascoltandoli ripercorrere questi episodi così vicini alla loro quotidianità, è la consapevolezza che hanno sviluppato grazie al progetto: «Prima non mi rendevo conto di quanto potesse essere pericoloso fare sexting – si confessa lo stesso ragazzo – l’ho anche fatto, ma lavorando a “Occhio a” mi sono accorto non solo dei rischi che ho corso ma ho anche riflettuto su come alcuni miei amici usano le immagini che ricevono dalle ragazze. Molti, temo, sono a rischio di praticare un giorno revenge porn».

«Io non ho sviluppato una dipendenza da Internet – continua - ma ho avuto altri tipi di dipendenze e so cosa vuol dire diventarne schiavo di qualcosa: ti distrugge la vita. Nessuna psichiatra mi ha convinto a smettere: l’unico è stato un mio amico che un giorno mi ha detto “o smetti oppure non ti parlo più”. Per non perdere l’amicizia mi sono impegnato con tutte le mie forze. Per questo sono convinto che tra coetanei possiamo darci una mano. Io non auguro a nessuno quello che ho vissuto e spero che “Occhio a” torni utile a tante famiglie, ma soprattutto a tanti ragazzi che non si rendono conto di quanto siano gravi i pasticci in cui finiscono o rischiano di finire».

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