La schiavitù, la Libia, la fuga
Storia di Abraham, il “100” più bello

Dalla Nigeria a Bormio accanto a don Giuseppe Negri, poi Como - E ora un diploma al Caio Plinio: «Troverò un lavoro, il mio futuro è l’Italia»

Ha dedicato il 100 al suo padre adottivo, don Giuseppe Negri, e ai docenti incontrati in questi anni. Abraham Saviour, fresco diplomato al serale del Caio Plinio, ha raggiunto il massimo dei voti: un risultato arrivato al termine di un percorso cominciato nel 2015 dopo essere sbarcato ad Augusta, in Sicilia, al termine di un viaggio lungo l’Africa durato due anni.

«Ho cominciato l’esame presentando i miei due elaborati – racconta Abraham, 30 anni, colorando le parole con un tono allegro – ho portato il database in informatica, mentre in economia aziendale ho presentato il bilancio della banca popolare di Sondrio. Terminata la prima parte, i docenti mi hanno domandato Italo Svevo, dopodiché, partendo dalla fotografia del campo di concentramento di Auschwitz, ho collegato l’imperialismo e la seconda guerra mondiale in storia. Ho terminato parlando della Costituzione italiana e della globalization in inglese».

Inutile dire che, una volta visto il voto, la gioia di Saviour è stata grande. «Sono davvero soddisfatto – confessa – devo ringraziare chi ha creduto in tutti noi studenti, nonostante le difficoltà di questi mesi».

Ora, il ragazzo d’origine nigeriana ha due obiettivi: trovare un lavoro e continuare gli studi. «Vorrei fare entrambe le cose – conferma – adesso sto raccogliendo informazioni sull’Insubria, intanto continuerò a dare una mano nella parrocchia di Fino Mornasco».

Prendere 100 alla maturità è però solo l’ultima parte di una storia cominciata anni fa, nel 2013, quando a 22 anni è stato costretto a scappare dal suo paese natale, la Nigeria del Sud, dopo l’assassinio dei suoi genitori (il padre era impegnato in politica). Da qui, la decisione quasi obbligata d’andarsene e, tramite la Libia, provare ad arrivare in Europa. «Non è stato un viaggio piacevole – racconta Saviour, mettendo da parte per un attimo il sorriso – nel 2013 sono partito da casa e sono arrivato in Libia. Sono rimasto due anni: è stata durissima, vivevo in buona sostanza come se fossi uno schiavo, lavorando in un campo agricolo».

Poi, l’attraversata del Mediterraneo fino a giungere in Sicilia: «In poco tempo, insieme con altri 60 ragazzi – continua - siamo stati trasportati a Bormio, in Valtellina. Premetto, io sono credente e, quindi, ho colto l’occasione per frequentare la parrocchia del paese, specie durante le celebrazioni. Lì ho incontrato una delle persone per me più importanti: il mio “padre adottivo”, don Giuseppe Negri. Mi ha dato una grandissima mano, soprattutto all’inizio. Così, quando è stato trasferito a Fino Mornasco, l’ho seguito senza pensarci due volte». Il ragazzo, primo africano a far parte del coro alpino Sandro Marelli, ha già in realtà una laurea in Economia e Commercio presa in Nigeria. Ma, qui, non è riconosciuta, così ha dovuto ricominciare gli studi da capo, partendo con la comprensione e l’apprendimento della lingua. Fino ad adesso, i risultati sono stati eccellenti. «Voglio dedicare il voto al mio padre adottivo – sottolinea – poi, oltre a lui, devo ringraziare tutti gli insegnanti incontrati, che mi hanno consentito d’arrivare a questo livello». E ora? «Voglio continuare così – conclude sorridendo – mi sto già costruendo una vita qui e voglio continuare così. Mi piacerebbe trovare lavoro in ambito contabile: il mio futuro è in Italia, quindi rimarrò e troverò un lavoro, non vedo altre strade possibili».

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