L’affare d’oro di via Paoli e il ruolo del Comune: «Senza quella delibera sarebbe saltato tutto»

L’inchiesta L’ex assessore canturino Ferrari congela la firma del rogito oltre per due ore. Il venditore: «Se l’amministrazione avesse rigettato il documento Aldi non avrebbe comprato»

La “soffiata” partita dal Comune di Como e diretta all’ex assessore canturino Claudio Ferrari, agli arresti da mesi con l’accusa di bancarotta fraudolenta e di fuga milionaria di capitali alla volta della Svizzera, è stata decisiva per la conclusione dell’affare milionario sfociato nell’apertura del supermercato Aldi in via Pasquale Paoli.

A dirlo ai finanzieri del nucleo di polizia economico e finanziaria di Como e al pubblico ministero titolare del fascicolo, è Alberto Cimnaghi, proprietario con la sua famiglia dell’ex mobilificio Al Vo’ sui cui terreni ora sorge l’ennesimo punto vendita sull’asse Rebbio-Camerlata. Un mese fa, poco prima della chiusura delle indagini preliminari, l’imprenditore si è presentato in Tribunale come persona informata sui fatti, ovvero come testimone. E davanti al magistrato e al personale delle fiamme gialle ha ripercorso l’affare d’oro che avrebbe consentito - secondo l’accusa - agli ex assessori canturini Ferrari e Quintavalle di trasferire in Svizzera una plusvalenza milionaria, così da sottrarla al fisco italiano.

La vicenda l’abbiamo raccontata in questi ultimi giorni e si può sintetizzare così: nel 2019 Ferrari con la sua San Siro Lake si interessa all’acquisto dei terreni dell’ex mobilificio di via Paoli, e dopo il preliminare di vendita svelerà il motivo, ovvero l’interessamento di Aldi ad aprire un punto commerciale in città. Nel dicembre di quell’anno si arriva davanti al notaio per firmare il rogito, ma l’appuntamento del 19 si trasforma in una lunga e improduttiva attesa, fino a quando dal Comune di Como non arriva un via libera che sblocca la situazione. Ecco come racconta quelle giornate l’ex proprietario delle aree, che ha venduto a Ferrari a 1,5 milioni un lotto che dieci minuti dopo sarà rivenduto - con altri terreni annessi - alla cifra di 5,2 milioni.

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In sintesi: l’atto di vendita, come detto, era fissato per il 19 dicembre. Negli uffici del notaio si presentano i professionisti che assistono il signor Cimnaghi, con l’imprenditore stesso, e dall’altra parte Claudio Ferrari e Luca Della Fontana, amministratore di fatto della San Siro Lake. «Siamo rimasti tutti negli uffici del notaio senza sottoscrivere nulla perché Ferrari ci aveva detto che mancava il permesso del Comune - racconta il venditore - Non so esattamente a che permesso si riferisse, probabilmente si trattava di una variante alla viabilità» ovvero l’ok a quello svincolo che non era mai stato concesso in passato a nessuno, neppure al vicino punto vendita che oggi ospita Acqua&Sapone, Casa, Maxi Sport.

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«Senza quel documento - rivela ancora Cimnaghi agli investigatori - i responsabili di Aldi non avrebbero rogitato l’acquisto». E così hanno atteso tutti quanti almeno due ore. «Ricordo che era buio quando Ferrari ci disse che il permesso era arrivato, ma che la segreteria del Comune era chiusa e quindi non poteva essere protocollato. Mi propose di firmare ugualmente l’atto, ma che i soldi mi sarebbero stati consegnati il giorno dopo. Gli risposi che non avevo fretta e senza soldi non firmavo nulla».

Così il giorno dopo sono tutti tornati nell’ufficio del notaio. Con firme e assegni. E dieci minuti dopo con la rivendita ad Aldi. Con tanto di ok del Comune al seguito.

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