Le scuole comasche sono al collasso, ma una soluzione non c’è

L’emergenza Laboratori usati a turno per ospitare gli studenti, lezioni anche in sala fotocopie e in aula magna. I presidi: «Non si può più aspettare». Ma la Provincia si arrende: «Spazi finiti, l’unica è attendere il calo demografico

Laboratori occupati dalle classi a rotazione, stanzini delle fotocopiatrici e sale docenti usati per far lezione, aule magne bloccate per sistemare cattedre e banchi.

Diversi istituti scolastici superiori in città soffrono la mancanza di spazi, senza nuove scuole o succursali la Provincia attende un prossimo calo demografico che però non avverrà almeno fino al 2027.

I genitori di una classe del Caio Plinio si sono lamentati per l’aula scrostata in cui gli studenti sono stati trasferiti. I lavori, interrotti dalla ditta a seguito di alcune infiltrazioni, verranno ora ultimati. A parte il singolo episodio il tema generale preoccupa i presidi. «Da anni chiediamo disponibilità di locali e spazi – dice Silvana Campisano, dirigente scolastica del Caio Plinio – già da prima del Covid. Così non possiamo accogliere intere classi, manca da tempo una programmazione. Senza risposte dobbiamo rincorrere lavori e manutenzioni, trovando soluzioni d’emergenza. La nostra aula magna per esempio è inutilizzata perché non sono mai partiti i lavori durante tutto il corso della pandemia».

Le previsioni

Negli istituti superiori di Como e provincia ci sono 18.169 studenti, oltre la metà frequenta in città. L’anno prossimo stanti le previsioni demografiche saranno 18.225, poi 18.218, quindi 18.065 nel 2026. Solo dall’anno successivo si scenderà a quota 17.930. La Provincia, l’ente competente, per voce del presidente Fiorenzo Bongiasca si attende un calo della popolazione scolastica. Nel mente però studenti e insegnanti sono sacrificati. «Come Provincia da anni cerchiamo senza riuscirci delle scuole polmone – spiega il dirigente provinciale Bruno Tarantola – degli edifici che ci permettano di mettere mano alle scuole esistenti per qualche anno, facendo dei lavori risolutivi. In città non è semplici, le succursali temporanee devono essere messe a norma. Gli stabili della scuola dell’obbligo risultano spesso inadatti e sono comunque di competenza del Comune».

Insomma non ci sono soluzioni, detto che la Provincia ha proposto di costruire una nuova scuola nel San Martino, ma l’amministrazione comunale ha già risposto picche. Si tratta comunque di un’opportunità non imminente.

Nel 1975 è stata costruita l’ultima scuola in città, la Magistri, sono trascorsi quasi cinquant’anni. In provincia la scuola superiore più giovane è il Galilei di Erba, inaugurato nel 1997 ha ormai 26 anni.

«Non si può aspettare un decremento dell’utenza se gli studenti già oggi sono in sofferenza – ragiona Roberto Peverelli, preside del Setificio – di recente le richieste per nuove succursali non hanno presa. Non viene considerata la possibilità di condividere gli spazi tra diversi istituti. Ma servono risposte. Noi ruotiamo fino a otto classi ogni giorno nei laboratori perché non hanno un’aula propria».

Il caso del Ciceri

Il Teresa Ciceri per mancanza di spazi ha dovuto dire no a una settantina di nuove iscrizioni. «Dobbiamo per forza recuperare l’uso dell’aula magna – dice il dirigente Vincenzo Iaia – anni fa abbiamo accolto tutte le domande, ora però abbiamo esaurito tutte le soluzioni interne al nostro antico edificio. Diverse scuole hanno sofferto a turno analoghi problemi. Servono aule e laboratori, non possiamo aspettare futuri cali demografici. Il progetto nel San Martino comunque vada è ancora molto distante. Non mi compete, ma credo si possano ridiscutere gli spazi assegnati alle scuole secondo gli attuali alunni frequentanti».

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