L’etichetta sui vini che segnala i rischi per la salute: «Non si elimina così l’abuso»

La polemica In Irlanda diventa obbligatorio indicarli. Crippa: «Non basta uno slogan» - Mojoli: «Si crea allarmismo inutile»

No alla demonizzazione del vino, anche se il problema dell’abuso di alcol e dei danni alla salute deve essere affrontato.

Il mondo lariano del vino non guarda con simpatia all’iniziativa dell’Irlanda, che sulle etichette dal 2026 inserirà un avviso sui rischi per la salute, come da noi avviene da anni per le sigarette.

«Penso che il problema legato alla salute e al consumo di alcolici sia serio e, proprio per questo, credo fermamente che non si possa risolvere mettendo in etichetta uno slogan», dice Claudia Crippa, presidente del Consorzio Igt Terre Lariane, che rappresenta produttori dell’Alto lago e del lecchese.

Identità culturale

«In particolare – sottolinea Crippa - in Italia o in Francia, paesi in cui il vino rappresenta da sempre un elemento di identità culturale forte, la partita si dovrebbe giocare proprio su questo aspetto formativo: educare i più giovani a riconoscere e a percepire la qualità di un prodotto, a bere la giusta quantità di una bevanda alcolica come il vino e a conoscere la storia di territori che sono comunque legati inevitabilmente alla produzione di alcolici. Tutto questo rende nobile il vino e promuove il suo consumo in maniera consapevole e non lasciata al caso. Vietare o incutere paura, al contrario, non serve a nessuno».

Anche per Paolo Vismara, delegato per Como dell’Associazione italiana sommelier, la via irlandese al consumo moderato è troppo drastica: «Mi sembra che così si demonizzi il vino, che come tutte le cose, cibo compreso, fa male a fronte di un consumo eccessivo. Un conto è un bicchiere di vino a pasto, altro bersi una bottiglia. Non dimentichiamo che sulle nostre bottiglie ci sono già delle comunicazioni in questo senso, per esempio rispetto al consumo in gravidanza. Forse si potrebbe aggiungere qualche indicazione come quelle che ci sono su certi farmaci, cioè che può creare dipendenza, ma non mi spingerei oltre».

Nessun allarmismo, ma neppure alcuna strumentalizzazione, quanto piuttosto l’occasione per ribadire il valore della qualità perché i problemi dell’abuso di alcol esistono e non possono essere negati. È il punto di vista di Giacomo Mojoli, giornalista esperto di guide e del settore vinicolo, fra i collaboratori storici di RistorExpo a Lariofiere.

«Il rischio ancora una volta è quello di generare un allarmismo attorno a un problema che però esiste realmente – dice Mojoli - E per questo credo che nel momento in cui si sceglie questa via sia opportuno chiedersi se nei confronti di un problema che esiste il metodo migliore per risolverlo sia questa, e cioè una campagna quasi terroristica nei confronti dei danni che l’uso o l’abuso dell’alcol può generare».

Educazione e informazione

«Io sono convinto che si debba avere la consapevolezza di affrontare questo problema e porsi la questione da un altro punto di vista – sostiene Mojoli – con una sorta di campagna di educazione, informazione e di divulgazione del valore culturale e sociale che il vino ha avuto nella storia, che ha e che potrà ancora avere in futuro».

«I problemi che ci sono sul tappeto dal punto di vista della salute sono innumerevoli – sostiene Mojoli - e tra questi c’è il rischio che a fronte di un abuso soprattutto di superalcolici si possano ingenerare problemi tra i giovani, ma è lo stesso che esiste per altre sostanze. Per questo eviterei di creare allarmismi e non strumentalizzerei la questione a fini politici antieuropeistici. Il mondo del vino è così maturo ormai ed è un pezzo così importante dell’economia e della cultura italiana che sono convinto saprà affrontare con una mossa in positivo e non con una protesta questo argomento».

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