L’indagine sui decessi Covid, tre anni dopo. Spata, presidente dell’Ordine dei medici di Como: «Eravamo impreparati»

I medici Per Gianluigi Spata ci sono state «Criticità oggettive pagate dai malati». Remuzzi: «La sanità non era pronta». Grossi: «È stato fatto tutto il possibile»

A tre anni di distanza dallo scoppio della pandemia di Covid sono stati indagati per epidemia colposa i vertici del precedente governo, l’ex premier Giuseppe Conte e l’ex ministro Roberto Speranza.

Coinvolta anche la Regione, con il presidente Attilio Fontana e Giulio Gallera allora assessore al Welfare. La procura di Bergamo si è concentrata sulle primissime fasi della pandemia, sulla mancata istituzione della zona rossa tra Alzano e Nembro. In totale gli indagati sono una ventina e tra loro ci sono anche i tecnici dell’Istituto superiore della sanità e del Comitato tecnico scientifico.

Il lavoro dei giudici

«La magistratura deve fare il suo mestiere e non sta a me puntare il dito contro qualcuno – commenta Gianluigi Spata, presidente dell’Ordine dei medici di Como – È vero che il Covid è arrivato come uno tsunami, tremendo e sconosciuto. Dico però che soprattutto all’inizio noi medici abbiamo operato in una situazione davvero difficile. Lo sanno bene i pazienti che hanno vissuto il dramma sulla loro pelle. Più volte abbiamo evidenziato le oggettive criticità anche pubblicamente».

Spata a nome di tutti gli ordini dei medici della Lombardia si è molto esposto all’inizio della pandemia, denunciando le gravi lacune del nostro sistema sanitario.

«Il nostro sistema sanitario era ed è in grave difficoltà – ragiona Giuseppe Remuzzi, bergamasco, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri - L’Italia come l’Inghilterra ha fatto peggio della Germania perché ha carenze nella rete dei servizi territoriali, poco vicina ai cittadini. Lo abbiamo ripetuto molte volte in questi anni, a fronte di questo vuoto tutti i malati si sono riversati sugli ospedali. Gli ospedali pubblici hanno fatto di tutto, ma sono stati progressivamente svuotati di risorse, strutture, professionisti, in favore del dilagare dei privati che però non rispondono di pandemie e malattie infettive. Sono realtà costruite per fare profitto, esperte di protesi all’anca o di resezione dei tumori polmonari. All’interno di questo quadro ora si cerca una colpa. Ma non so se sia possibile e opportuno indagare per trovare una responsabilità ad un fatto storico così devastante. È difficile dare giudizi, in particolare su quei primi quindici giorni di pandemia dove effettivamente sapevamo poco o niente».

Il peso della politica

Però è vero che nella gestione della pandemia la politica ha avuto un peso. Secondo Remuzzi alcuni governanti, da Boris Johnson a Donald Trump, hanno alimentato la mancanza di fiducia nella scienza. «Appena sono stati individuati i primi casi sono stato convocato insieme ad altri colleghi in Regione – ricorda Paolo Grossi, primario delle Malattie infettive dell’ospedale di Varese – Come comitato tecnico e scientifico insieme alla parte politica siamo stati chiamati, primi in assoluto in Europa, a fronteggiare qualcosa di drammatico e sconosciuto. Ci sono stati problemi, è vero, pasticci, non nego, dalle mascherine ai primi vaccini. All’inizio la tragedia è stata tale che abbiamo perso centinaia di persone. Però abbiamo fatto subito tutto il possibile. Le iniziative giudiziarie penso siano lecite, ma non me la sento di attribuire responsabilità a chi ha gestito quel periodo. Non condivido la ricerca di colpevoli avendo vissuto in prima persona e in prima linea la pandemia».

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