Neonata morta in sala parto al Sant’Anna
Due anni per sbagliare il capo d’accusa

Il caso Il giudice restituisce il fascicolo al pm: imputazione generica, non si capiscono le colpe. Quattro sotto inchiesta: «Non hanno sospettato la rottura della placenta, cesareo ritardato»

Oltre due anni per istruire un fascicolo sulla morte di una neonata in sala parto e vederselo mandato al mittente perché sbagliato ed eccessivamente generico. Quattro professionisti del Sant’Anna e i famigliari di una bimba morta durante il parto, sono costretti ad attendere chissà quanto ancora per conoscere l’esito di una vicenda giudiziaria che si è aperta nell’aprile del 2021. Questo perché il giudice delle udienze preliminari, chiamato a decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio presentata dal pubblico ministero Simone Pizzotti, ha rimandato gli atti alla Procura per rifare un capo d’accusa di undici righe, dal quale non è possibile capire chi avrebbe fatto cosa (così rendendo impossibile ai singoli imputati difendersi).

La vicenda, come ben si può comprendere, è particolarmente delicata. Per due motivi. Il primo: il dolore dei genitori e dei famigliari della piccola Beatrice, nata premorta quando mamma e papà si apprestavano a festeggiare quello che avrebbe dovuto essere un lieto evento. Il secondo: la legittima aspettativa dei professionisti finiti sotto inchiesta di poter - nel caso - dimostrare la propria estraneità dalle accuse o, comunque, di conoscere le proprie sorti processuali.

Parto tragico

La tragedia risale al 19 aprile 2021. Quel giorno una donna si presenta al Sant’Anna per il parto. Dopo alcune ore la paziente viene portata in sala operatoria, ma ormai era troppo tardi. Secondo l’accusa ipotizzata dalla Procura, sulla base di una consulenza di parte, il personale di Ostetricia e Ginecologia da un lato non avrebbe capito che le condizioni di mamma e figlia stavano precipitando.

Più nel dettaglio, secondo l’accusa, i quattro professionisti sotto accusa non avrebbero saputo cogliere i segnali di un problema di salute molto serio. E in particolare non avrebbero sospettato dell’avvenuta rottura della placenta, ritardando così l’effettuazione del parto con taglio cesareo. Intervento avvenuto quando ormai era troppo tardi, e per la piccola Beatrice non c’era nulla da fare.

L’udienza preliminare

Nel corso dell’inchiesta, il pubblico ministero titolare del fascicolo aveva chiesto di eseguire un incidente probatorio per eseguire una perizia sull’accaduto, ma anche allora il giudice delle indagini preliminari aveva respinto la respinto la richiesta perché considerata sostanzialmente sbagliata. Anziché riproporre l’istanza, il magistrato ha effettuato una consulenza di parte e poi ha chiesto il rinvio a giudizio per i quattro dipendenti dell’ospedale comasco.

Capo d’imputazione che, però, non riporta i singoli ruoli che gli accusati avrebbero ricoperto. La scorsa settimana, dunque, accusa e difesa e parte civile si sono ritrovati in aula, in Tribunale a Como, per l’udienza preliminare. Il giudice, a fronte della lettura delle undici righe del capo d’accusa, ha deciso di rinviare gli atti alla Procura: capo d’imputazione da riscrivere. Richiesta di rinvio a giudizio da rifare. Dopo due anni, ancora nulla di fatto.

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