Spesa e bollette, che botta a Como. Per una famiglia 3.500 euro in più

I dati Istat Secondo Federconsumatori solo 728 euro sono per gli alimenti. Aumenti mai così alti da 19 anni, cala del 16,8% il consumo di carne e pesce

L’inflazione corre veloce e i salari sono fermi, per riempire il carrello della spesa una famiglia comasca deve spendere 728 euro in più all’anno. E con gas e luce il conto arriva a 3.516 euro. L’Istat per il mese di ottobre ha rivisto le stime dell’inflazione su base annua, +11,8% e su base mensile, +3,4%. Secondo FederConsumatori Como «resta su livelli record il tasso relativo al carrello della spesa, che si attesta al +12,6%, il dato più elevato dal giugno del 1983». Preoccupa la crescita dei costi, «non solo in campo energetico, dove il tasso schizza dal +44,5% di settembre al +71,1% di ottobre, ma anche in campo alimentare, con un aumento che raggiunge quota 13,1%, dal +11,4% di settembre». Ne conseguono «ricadute pesantissime per le famiglie comasche con un aggravio di spesa pari a 3.516 euro annui di cui 728 solo nel settore alimentare».

«Sono rincari che pesano in maniera insostenibile sulle spalle dei cittadini – spiega Mara Merlo, presidente di FederConsumatori Como – che sempre più numerosi lamentano presso i nostri sportelli disagi e difficoltà». Per colpa dei prezzi cambiano le abitudini. «Dal calo del consumo di carne e pesce sceso del 16,8% - spiega FederConsumatori - settori in cui si nota anche uno spostamento verso il consumo di tagli e qualità meno costosi e meno pregiati, alla riduzione annua del consumo di frutta e verdura che riguarda il 12,9% dei cittadini. Si fa ricorso sempre più assiduo a offerte, sconti, acquisti di prodotti prossimi alla scadenza, un’abitudine adottata dal 46% dei comaschi. In tale contesto gli sconti del Black Friday assumono un nuovo significato: la maggior parte di chi acquisterà lo farà in vista delle festività natalizie oppure effettuerà acquisti nel settore alimentare». L’associazione dei consumatori chiede maggiore impegno e interventi economici da parte del governo.

«La preoccupazione riguarda l’impoverimento di ampie fasce della popolazione – ragiona Giuseppe Porro, docente comasco di economia politica all’università dell’Insubria – C’è dunque la tendenza a chiedere un adeguamento dei salari, fermi, legati al tasso d’inflazione. Una misura che però rischia di innescare una spirale inflazionistica come negli anni Ottanta. In assenza di ricette sicure comunque noto per fortuna una convergenza tra le parti sociali».

L’impennata dell’inflazione comunque non è destinata a durare per sempre. «La speranza è che sia una fiammata – spiega ancora il professore – almeno per la parte inflattiva relativa alle risorse energetiche, se la crisi internazionale dovesse rientrare. C’è però una componente più antica. La salita dei prezzi era iniziata già prima della guerra in relazione alla difficoltà di garantire le forniture dei materiali. In generale occorre quindi fare attenzione alle speculazioni. Alla luce delle difficoltà sull’approvvigionamento, spinti dai costi energetici, è più facile cedere ai fattori speculativi che vanno invece controllati».

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