«Stop ai richiedenti asilo dalla Svizzera»: dopo la mossa italiana è lite sul confine

Il caso Il parlamentare ticinese Chiesa attacca Roma per la sospensione degli accordi di Dublino. Trecento migranti che dovevano “rientrare” resteranno in Ticino: «Centri di accoglienza pieni»

«L’Italia ancora una volta è inadempiente nei confronti della Svizzera, peraltro su un tema sensibile come quello dei migranti, a fronte di un nuovo boom di sbarchi che sta avvenendo nel vostro Paese. Ritengo che il nostro Governo non possa stare a guardare». Così al telefono da Berna il deputato ticinese al Consiglio degli Stati (la Camera “alta” del Parlamento svizzero) nonché presidente nazionale dell’Udc Marco Chiesa, dopo che il nostro Paese ha comunicato a Berna la sospensione unilaterale dell’applicazione legata al Regolamento di Dublino, almeno sino al 2 maggio.

Rapporti incrinati

Questo significa che, sino a quella data, la Svizzera dovrà continuare ad ospitare i 300 (e più) migranti - tecnicamente definiti “richiedenti asilo” - che dovrebbero essere riconsegnati all’Italia, ricordando l’importanza che anche il nostro territorio riveste nelle dinamiche di transito verso Svizzera e Europa, ma anche per la riconsegna dei migranti stessi. Il tutto ricordando che il regolamento (vincolante per gli Stati dell’Unione Europea) di Dublino prevede che sia il primo Paese che ospita la persona rifugiata a imbastire la procedura d’asilo. Da qui il trasferimento su larga scala dei migranti da Svizzera all’Italia che nel 2016 aveva superato le 1500 unità.

Dopo le prime avvisaglie d’inizio dicembre (l’Italia aveva annunciato una prima sospensione dell’accordo il 5 dicembre), ora i rapporti tra i due Paesi si sono di nuovo incrinati, tanto da correre il rischio di una crisi diplomatica destinata ad allargarsi ad altri ambiti, perché - per dirla con Marco Chiesa - «l’Italia ha mantenuto sin qui ben pochi degli impegni presi, a cominciare dalla cancellazione della Svizzera dalla black list del ’99».

Al di là delle motivazioni politiche, il presidente nazionale dell’Udc - il partito per antonomasia dai connotati anti-frontalieri - fa notare che «in Ticino i centri di accoglienza sono pieni all’80% e già due Cantoni (Lucerna ed Argovia) hanno dichiarato lo stato di emergenza. Ciò significa che nel nostro Cantone si rischia davvero una situazione ingestibile qualora gli sbarchi dovessero continuare su questi numeri». Da qui la richiesta ufficiale di spiegazioni - tramite un’interrogazione urgente depositata a Berna -, che in calce porta la seguente considerazione e cioè che «difficilmente il Governo guidato da Giorgia Meloni darà il via libera e ripristinerà l’applicazione del Regolamento di Dublino dal 2 maggio».

La proposta

Oltreconfine la preoccupazione cresce e con essa anche il livello di scontro politico, tanto che anche partiti moderati come Il Centro hanno chiesto al Governo di Berna di intavolare un dialogo al più presto con l’Italia. «Quello dei migranti è un tema davvero rilevante nelle dinamiche di confine e il territorio comasco ben conosce questa situazione», la chiosa di Chiesa, che attraverso La Provincia lancia una proposta destinata ad aprire un ampio dibattito, legata alla creazione di «zone di transito lungo il confine per evitare che tutta la pressione ricada sulla Svizzera. Zone che potrebbero riguardare anche il vostro territorio così come gli altri territori di confine con l’Italia».

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