Sub morta a Villa Geno: uno dei due compagni di immersione è stato riconosciuto responsabile e dovrà risarcire i danni

La sentenza Per la tragedia di Paola Nardini il reato è prescritto. I giudici: errori nel soccorso. Uno dei due compagni di immersione è stato condannato a un risarcimento di 40mila euro

Sentenza di primo grado riformata e – nonostante la prescrizione del reato penale che è stata dichiarata – riconoscimento della responsabilità civile di uno dei due compagni di immersione di Paola Nardini, 35 anni di Tavernerio, deceduta il 29 settembre del 2013 mentre si trovava nelle profondità del Lago di Como davanti alla punta di Villa Geno.

È questa la decisione della Corte d’Appello di Milano, che ha condannato Daniele Gandola (63 anni) al risarcimento dei danni da «liquidarsi in separata sede» disponendo tuttavia una provvisionale da 40 mila euro per i genitori e i fratelli della vittima. Assoluzione invece per il secondo compagno di quella drammatica immersione, Walter Sordelli (62 anni). Una conclusione a sorpresa, visto che il fascicolo – dopo una doppia assoluzione in primo e secondo grado – era già arrivato in Cassazione e che i giudici romani avevano «annullato la sentenza» rinviandola «per il nuovo giudizio alla Corte d’Appello».

Una vicenda lunghissima

Il tutto chiedendo di «accertare se tacitamente o esplicitamente» la vittima avesse «attribuito ad uno o ad entrambi i suoi compagni di immersione il compito di prestarle soccorso in caso di necessità» per poter di conseguenza «valutare comportamenti attivi colposi» con riguardo «alla fase del soccorso della Nardini».

La tragedia era avvenuta a -57 metri di profondità. La sub, in fase di risalita, era stata vista dai due amici circondata di bolle e in difficoltà probabilmente per dei problemi all’erogatore. Giunti a 25 metri, la situazione si complicò ancora di più fino ad arrivare ad una nuova caduta in profondità della vittima e all’annegamento. Diversi erano stati i profili di responsabilità attribuiti dalla procura ai due compagni di immersione, sia legati alle modalità dell’immersione stessa sia alla fase del soccorso.

Ora, dopo anni di battaglie, la responsabilità – le motivazioni della sentenza saranno rese note solo tra 90 giorni – è stata attribuita solo ad uno dei due compagni di immersione. «La pronuncia della Corte d’Appello contraddice in modo sorprendente le sentenze di assoluzioni in doppio grado di giudizio – hanno commentato però gli avvocati Pietro Mario Vimercati e Stefano Fagetti, che assistono Gandola – Quella di ieri non è l’ultima parola sulla vicenda e non possiamo che riservare ogni valutazione, anche sull’eventuale impugnazione, al deposito delle motivazioni. Resta una vicenda che ha comportato un dramma per tutte le parti coinvolte, compresi gli imputati».

Sordelli è stato rappresentato dal legale Angelo Giuliano. Edoardo Pacia ha invece difeso gli interessi dei famigliari della vittima: «Si è trattato di una vicenda giudiziaria lunghissima e di estrema difficoltà tecnica, caratterizzata dalla dolorosissima tragedia umana sottostante. Il decesso di una persona giovane è sempre inaccettabile. Ciò non esime, però, dal capire se vi siano state responsabilità. La ricostruzione della vicenda, proprio anche a causa dell’ambiente acquatico, è stata complessa. Forse anche questo fatto aveva condotto all’assoluzione in primo grado e alla successiva conferma dell’assoluzione in appello».

Accertare le responsabilità

«I genitori e le sorelle di Paola – conclude Pacia - hanno però sempre avuto la ferrea convinzione che questa difficoltà ricostruttiva non potesse essere sufficiente per chiudere in quei termini la questione e hanno lottato per far emergere l’andamento dei fatti. La sentenza ora emessa dalla Corte d’Appello finalmente fa luce sulle responsabilità di uno degli altri due subacquei. Il fine di questa lunga battaglia non era certo vendicativo e, tanto meno, speculativo. Quello che è sempre contato era - ed è - l’accertamento delle responsabilità».

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